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Prose » Varchi, Benedetto Lezioni sul Dante - p. 417

Varchi, Benedetto

Lezioni sul Dante e prose varie


viso, cioè il volto, senza il quale non si possono torcere
gli occhi comunemente, ed in qual de' due modi si pi-
gli torna bene il verbo torcere; onde il Petrarca par-
lando degli occhi disse:
Torcer da me le mie fatali stelle;
ed altrove parlando del volto disse:
Torcendo 'l viso a' preghi onesti e degni;
e però, e per questa cagione; quella, colei; cui, alla
quale; mia ovra, cioè opera, presa in questo luogo per
lo disiderio o pensiero, il quale è operazione della co-
gitativa; non potea esser ascosa, non poteva esser na-
scosta e celata; volta ver me, rivolta in verso me,
perché prima guardava in suso; sì lieta come bella,
tanto lieta quanto era bella, cioè bellissima e lietissi-
ma; mi disse, disse a me; drizza la mente in dio grata,
cioè rivolgi l'intelletto a Dio e ringrazialo; per quella
figura che Vergilio disse:
submersasque obrue puppes,
cioè submerge ed obrue; che, il quale Dio; n'ha con-
giunti; n'ha posti insieme; colla prima stella, con
essa luna, la quale, cominciando da noi, è la prima;
e sebbene stelle si chiamano propiamente quelle dell'ot-
tavo cielo, tuttavia anco i pianeti si chiamano stelle,
perché sono della natura medesima; onde Aristotile,
provato che gli ebbe che la luna era tonda, mediante
le diverse illuminazioni sue, soggiunse questa conse-
guenza: dunque tutte le stelle sono tonde; la quale
non varrebbe se i pianeti e le stelle non fussero d'una
sostanza medesima, non essendo altro che la parte più
densa dei loro cieli, sebbene non sono propiamente
d'una spezie medesima, come s'è dichiarato altrove.


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