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Aristoteles - De partibus animalium » Varchi, Benedetto Lezioni sul Dante - p. 418

Varchi, Benedetto

Lezioni sul Dante e prose varie


Pareva me che nube ne coprisse
Lucida, spessa, solida e pulita,
Quasi adamante in cui lo sol ferisse.

Non è possibile a gran pena immaginarsi quanto
Dante fusse gran maestro in dichiarare e quasi dipi-
gnere le cose; voleva egli darne ad intendere quale
fusse il corpo lunare, e per ciò sprimere, lo agguaglia
a una nugola spessa, soda, pulita e lucida, e non gli
bastando questo soggiunse, come quegli che avea tutti
le comparazioni in contanti e nella borsa, come si di-
ce, quasi adamante in cui lo sol ferisse, né poteva tro-
vare fra tutte le cose in milion d'anni comparazione
che meglio arrecasse dinanzi agli occhi la solidezza e
la risplendenza della luna. Dice dunque: pareva me,
cioè pareva a me, levata la preposizione a, come suole
Dante quasi sempre, ed il Petrarca alcuna volta, come là:
Invoco lei che ben sempre rispose
Chi la chiamò con fede:

il che s'usa nelle prose ancora. che nube lucida, e que-
sto s'intende non in atto ma in potenza, cioè atta a
ricevere la luce, perché la luna non ha lume da sé stes-
sa, ma lo riceve dal sole, e però diremo lucida, cioè
diafana e trasparente come l'aria, la quale ha bisogno
del lume che la riduca dalla potenza all'atto; ma Dante
disse lucida, perché era illuminata dal sole; spessa,
cioè densa; solida, cioè soda ed intera; e pulita, eguale
e non scabrosa, o vogliamo dire tersa e forbita, come
vedemo gli specchi. E qui devemo sapere, che sebbene
i cieli sono composti di materia e di forma, non sono
però della medesima materia che queste cose inferiori,
perciocché sarebbero anch'essi corrottibili di lor na-
tura, come credeva Platone; ma la materia de' cieli
non è in potenza; ed essi non sono né caldi né freddi,


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