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Pietro d'Abano - In Problemata » Varchi, Benedetto Lezioni sul Dante - p. 46

Varchi, Benedetto

Lezioni sul Dante e prose varie


qualcuno de' suoi giovamenti, oltra il diletto ch'egli ar-
reca alla donna grandissimo, senza il quale, considerati
i dolori e i pericoli che ne le debbono seguire, non vor-
rebbe per avventura congiungersi con l'uomo, e così
verrebbe a mancare la spezie, egli contempera il caldo
del seme dell'uomo e quello della matrice, quando fus-
sero troppi; rammorbida ancora il seme dell'uomo, il
quale è viscoso, e fallo tale, che si possa tirare agevol-
mente dentro dalla matrice, e in somma è tale, quale è
la sciliva al cibo; e però diceva Avicenna, e Aristotile
ancora, che l'uno e l'altro concorrevano alla genera-
zione; ma questo si debbe intendere, come s'è detto di
sopra, quanto alla commodità, non quanto alla neces-
sità. in natural vasello, nella matrice e ventre della
donna; ma considerate quanto onestamente favelli, e se
la lingua nostra può sprimere non solo acconciamente,
ma agiatamente ancora tutte le cose, e propiamente e per
traslazioni. E di qui si può vedere che Dante, se avesse
voluto, arebbe non solamente potuto, ma saputo anco-
ra schifare e fuggire quei vocaboli che egli usò alcuna
volta, o troppo sporchi e lordi, o troppo impuri e di-
sonesti, ne' quali egli è ripreso fieramente e, se voglia-
mo giudicare senza passione, non a torto. Ma serbando
questo giudizio a un altro tempo, diciamo ora, che il
Petrarca, avendo a significare questa cosa stessa, la
spresse per un'altra traslazione, non meno casta e gen-
tile, quando disse nella Canzone alla Vergine:
Ricordati che fece il peccar nostro
Prender Dio per scamparne
Umana carne al tuo virginal chiostro.

Ivi s'accoglie l'uno e l'altro insieme,
L'un disposto a patire, e l'altro a fare,
Per lo perfetto loco, onde si preme.


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