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Varchi, Benedetto

Lezioni sul Dante e prose varie


S'io era corpo, e qui non si concepe
Com'una dimensione altra patio,
Ch'esser convien se corpo in corpo repe.

Aveva Dante detto di sopra d'essere entrato in-
sieme con Beatrice nella luna, e che ella gli aveva ri-
cevuti senza dividersi o cedere in parte alcuna, non
altramente che l'acqua senza cedere o dividersi riceve
i raggi del sole, e conoscendo questo essere impossi-
bile naturalmente, conciosiaché la luna sia corpo, e
niuno corpo può ricevere uno altro corpo, perché al-
tramente si darebbe la penetrazione de' corpi, cioè sa-
rebbe possibile che un corpo entrasse in un altro in
guisa che due corpi occupassero uno spazio stesso, e
fussero in un luogo medesimo, la qual cosa appresso
tutti i filosofi è del tutto impossibile; e però Dante per
rispondere a questa obbiezione che se gli poteva fare,
e rimuovere cotal dubbio, soggiunse subito il presente
ternario, nel quale egli pone la dubitazione e la cagione
del dubitare dicendo: se io (Dante) era corpo, come
nel vero era; e qui, cioè in questo mondo, dove era
Dante quando scriveva; non si concepe, cioè non si com-
prende colla mente né può immaginarsi; ed è questo
uno di quegli verbi usati licenziosamente da Dante, i
quali non sono né latini del tutto né affatto toscani, ed
in somma non vuol significare altro, qui non si concepe,
se non, non cape in intelletto umano, come disse leg-
giadramente il Petrarca:
Mio ben non cape in intelletto umano;
come, in che modo; una dimensione, cioè misura, che i
Latini chiamano ancora magnitudini ovvero grandez-
ze, le quali non sono altro che quantità continove, e
sono tre senza più: lunghezza, larghezza, profondità
ovvero altezza; altra patio: – patio, patì, cioè sofferse


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