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Aristoteles - De partibus animalium » Varchi, Benedetto Lezioni sul Dante - p. 516

Varchi, Benedetto

Lezioni sul Dante e prose varie


Gentilezza di sangue e l'altre care
Cose tra noi, perle, e rubini ed oro,
Quasi vil soma, egualmente dispregi.

Né sia alcuno, onoratissima schiera, che voglia credere
che sì gentile ingegno e sì peregrino spirito, quanto fu
quello di messer Francesco, scendesse tanto basso, che
macchiato e brutto dal fango terreno e vile lordura del
volgo, si lasciasse traportare a guisa delle bestie dal sen-
so solo, e divenisse nell'ultimo e peggior grado d'a-
mare principalmente e sole, come alcuni credono, le
bellezze del corpo, cosa indegna di qualunque volgare e
plebeio, non che di spirito tanto schifo e tanto eleva-
to; il quale, come che altrove fosse molto contempla-
tivo, in questo non men dotto che leggiadro sonetto
fu egli, come si vedrà nella particolare sposizione,
tutto attivo e morale, onde disse con la consueta facon-
dia ed arte sua quasi incredibile:
Orso, e' non furon mai fiumi né stagni,
Né mare ov'ogni rivo si disgombra,
Né di muro o di poggio o di ramo ombra,
Né nebbia che 'l ciel copra e 'l mondo bagni,
Né altro impedimento ond'io mi lagni,
Qualunque più l'umana vista ingombra;
Quanto d'un vel che duoi begli occhi adombra,
E par che dica: or ti consuma, e piagni.
E quel lor inchinar, ch'ogni mia gioia
Spegne, o per umiltade o per orgoglio,
Cagion sarà che 'nuanzi tempo io moia.
E d'una bianca mano anco mi doglio,
Ch'è stata sempre accorta a farmi noia,
E contra gli occhi miei s'è fatta scoglio.


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