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Petrarca, Francesco - Rime sparse » Varchi, Benedetto Lezioni sul Dante - p. 526

Varchi, Benedetto

Lezioni sul Dante e prose varie


molte cose in questa pittura si possono e forse si deb-
bono al celeste, variamente interpretandole accomoda-
re. Diciamo dunque che lo dipinsero fanciullo, per di-
mostrare che a buon'ora e dai più teneri anni devemo
volgerci e avvezzarci all'Amor casto e onesto, perché
facendo altramente è quasi impossibile ammendarsi,
conciosiaché la natura degli uomini è più atta a trapas-
sare dal bene nel male, dalla fatica all'ozio, che per lo
contrario dal male al bene e dall'ozio alla fatica, come
naturalmente è più il salire che lo scendere faticoso e
malagevole; o perché, come pruova Platone, dipignen-
dolo tutto altramente, l'Amore come è il primo e più
antico degli Dii, così è ancora l'ultimo e il più giovane.

Perché bello.

Se l'Amore è disiderio di bellezza, niuna cosa
amare si può, la quale non sia o almeno non appaia bel-
la, e perciò si dipigne Amore bello, anzi non solo le
persone amate, ma ancora quelle che amano si sfor-
zano con tutti gli ingegni d'apparire belle, se non so-
no, e se sono, d'accrescere la lor beltà. Lande molto
più conviene all'Amor celeste la bellezza che al terre-
no, quanto la bellezza degli animi è più di quella dei
corpi perfetta e nobile. Onde il Petrarca e tutti gli al-
tri poeti lodano più nelle lor donne il didentro, cioè i
bei costumi, che il difuori, cioè le bellezze corporali,
anzi quelle sono vere bellezze e propie, onde si possono
meritamente lodare e debitamente onorare, dove quelle
essendo caduche e piuttosto ombre che bellezze, non
deono ragionevolmente ad altro servire che a scoprirci
quelle dell'animo.


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