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Pietro d'Abano - In Problemata » Varchi, Benedetto Lezioni sul Dante - p. 587

Varchi, Benedetto

Lezioni sul Dante e prose varie


mutano in una altra, ma non però senza qualche ragio-
nevole cagione, perché altramente tutti i verbi potreb-
bero significare tutte le cose, e così non se ne intende-
rebbe nessuna. Tra le maniere de' verbi alieni, i traslati
sono la prima; e si chiamano verbi traslati tutti que-
gli i quali significano una cosa di loro natura, ovvero
secondo la prima imposizione di chi gli trovò, ed una
altra in quel luogo dove sono stati posti per traslazio-
ne, come; per cagione d'esempio, quando diciamo il cie-
lo ridere, pianger la terra, correre i fiumi, volare i
cavalli, ed altri tali, di che sono pienissimi tutti i poe-
ti di tutte le lingue, e massimamente i Toscani, come
si vede nel Petrarca ed in Dante quasi a ogni parola;
e quello artifiziosissimo sonetto che comincia:
Amor m'ha posto come segno a strale,
ne può fare ampissima fede, ed il seguente medesima-
mente. E che le traslazioni non si facciano senza qual-
che cagione ragionevole, diamo per esempio il Petrarca
quando disse:
Ed al fuoco gentile, ond'io tutt'ardo,
pigliando il fuoco non nel propio significato, ma
per l'amore, ed ardere per amare grandissimamente;
come ancora Vergilio:
Ardet amans Dido;
perciocché come il fuoco abbrucia e consuma tutte le
cose dove s'appiglia, così fa l'amore dove s'accende;
onde il medesimo Vergilio usando la medesima trasla-
zione, disse della medesima Dido nel libro medesimo
Uritur infelix Dido totaque vagatur
Urbe furens
, etc.
E benché tra la metafora, che i Latini dicono trasla-
zione, e la similitudine, ovvero somiglianza, sia alcuna
differenza, tuttavia noi la pigliaremo in questo luogo


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