BIVIO: Biblioteca Virtuale On-Line
Aristoteles - De sensu et sensibilibus » Varchi, Benedetto Lezioni sul Dante - p. 595

Varchi, Benedetto

Lezioni sul Dante e prose varie


pere che smaniare nella lingua nostra, e menar le sma-
nie voglia dire impazzare e farne le pazzie, pure
sapra, per lo essergli stato insegnato, che smaniare vo-
glia dire uscir del cervello e far pazzie, e non sappia
che sia cervello e pazzia, lo saprà in un certo modo, e
così ne potrà disputare come fa un cieco de' colori. E per-
ciò dicono i filosofi, che il conoscere la significazione
de' vocaboli non s'aspetta al grammatico se non per ac-
cidente, non essendo i grammatici artefici reali, ma in-
nenzionali, come dicono i loici, o piuttosto razionali;
e ben so che non sono inteso da chi non intende più
oltra, ma in questo luogo non mi voglio dichiarare, a
fine che quegli i quali non attendono se non alle lingue,
conoscano che chi non intende altro che le parole non
intende cosa nessuna, e si dispongono a dare opera
quando che sia alle scienze, le quali sole sono non solo
il vero cibo dell'intelletto, ma la somma perfezione ed
ultima felicità umana, secondo i filosofi. Ed è quasi senza
alcuna proporzione molto maggior differenza dagli ar-
tefici razionali come sono i grammatici, a' reali come
sono i filosofi, che non è da' manovali a' maestri, da' fanti
privati a' capitani, da quegli che remano a quegli che
governano, ed insomma,
  Questi san cose e quei dicon parole.
Ma per tornare oggimai là onde partii, dicò che
sebbene io ho detto le malattie dell'animo, non però
devemo intendere che l'animo infermi e patisca propia-
mente, perché a questo modo ne verrebbe di necessità
che egli fusse mortale, come intendono gli esercitati:
onde Lucrezio, la cui leggiadria non si può mai lodar
tanto che baste, volendo provare la mortalità degli ani-
mi, disse nel terzo libro:
At quaecunque queunt conturbari, inque pediri,
Significant, paullo si durior insinuarit


pagina successiva »
 
p. 595 [II, 97]