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Valerius Flaccus, Gaius - Argonautica » Varchi, Benedetto Lezioni sul Dante - p. 613

Varchi, Benedetto

Lezioni sul Dante e prose varie


della pazzia sono principalmente tre, la prima delle
quali e la più leggiera è la frenesia, perciocché il far-
netico non è continovo, onde Ippocrate, Dio della Me-
dicina, non lo chiamò pazzia semplicemente, ma paz-
zia piccola. E quegli elle interpretano ληρεῖν, delirare,
e ληρότης, delirus, non fanno ciò propiamente, ma per-
ché come i Latini dicono nugari e nugator, e non
cianciare e cianciatore, di quegli che dicono cose va-
ne, varie e fuori di proposito, così dicevano i Greci λη-
ρεῖν
e ληρότης. E così avemo dimostrato che la lingua to-
scana ha un verbo proprio, del quale manca non sola-
mente la latina, ma la greca pure, il che non avviene
in questa voce sola, ma in altre pure assai, come s'è
dichiarato altrove. Né per questo si immagini alcuno
che io pensi di volere o creda di potere abbassare in
parte alcuna, o rendere men chiara né la lingua greca
né la latina, le quali sono tanto alte ed illustri, che
niuno può, ancora che dottissimo ed eloquentissimo,
bastevolmente lodarle. Ma perché di questo devemo favel-
lare lungamente altrove, porremo fine al presente capo.

Che significhi vaticinari ed onde sia detto
Capo quinto.


Fu sempre ed è ancora oggi quistione grandissima
tra i filosofi, se le cose future si possano prevedere e
predire, il che si chiama indovinare; nella qual cosa
fu veramente, come in tutte l'altre, divino Marco Tul-
lio nei duoi libri che egli scrisse non meno copiosa-
mente che leggiadramente della Divinazione; ma noi,
lasciata da parte cotale dubitazione, la quale non fa ora
al proposito, diremo, seguitando gli antichi, che le
cose avvenire si possono cognoscere innanzi e predire,


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