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Varchi, Benedetto

Lezioni sul Dante e prose varie


costanza, erra in digrosso. Le quali cose affine che me-
glio s'intendano, dichiararemo tre cose, cioè:
Prima, che sia circostanza;
Seconda, quante siano le circostanze;
Terza, come si considerino, e a che servano.

Che sia circostanza.

Come questo verbo circumstare non vuole altro
dire che stare dintorno, e quasi circondare ovvero at-
torniare, così questo verbale circostanza significa pro-
piamente alcuna cosa la quale stia dintorno ad un'al-
tra; ma per traslazione del luogo significa così appres-
so i Greci, che la chiamano περίστασις, la qual parola i
Latini non possono, come afferma Quintiliano, dire più
propiamente che circumstantia, tutte quelle condizio-
ni particulari le quali si possono considerare intorno a
ciascuna operazione, le quali sebbene non sono della so-
stanza ed essenza d'essa operazione, la toccano però, ed
hanno in un certo modo che fare con lei; perché altra-
mente non potrebbono né giovarle né nuocerle, come
si vedrà che fanno. Sono dunque le circostanze quegli
accidenti e condizioni particulari le quali si possono con-
siderare dintorno a ciascuna cosa, non che siano della
sostanza sua, ma le stanno dintorno e la toccano in al-
cun modo, di maniera che hanno da fare con lei.

Quante siano le circostanze.

Favellare delle circostanze s'aspetta non solo al
retore ed al medico, ma eziandio al politico, e massi-
mamente al morale che tratta delle virtù; onde Aristo-
tile nel principio del terzo libro dell'Etica l'annoverò e
dichiarò tutte ponendone sette, cioè: chi, che, circa


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