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Averroes - In Physicam » Varchi, Benedetto Lezioni sul Dante - p. 845

Varchi, Benedetto

Lezioni sul Dante e prose varie


gia, pure credo che questo possiate salvarlo, ma non già
avesti in luogo di avessi, e così in tutti gli altri luoghi
che voi usate di simili; perciocché, sebbene la seconda
persona del numero del più del tempo preterito imper-
fetto nel soggiuntivo termini in questa sillaba ste per
tutte le congiugazioni, non però la seconda del numero
del meno fornisce in sti, ma in ssi; e si dice bene ama-
ste e poteste, ma non già, che sappia io, amasti e pote-
sti, ma amassi e potessi, e così di tutti gli altri. Veste a
44 e 3, ho detto di sopra che non credo sia toscano,
ma solamente vesta, nel primo caso del primo numero. A
45 e 6 è scritto lepra, e noi diciamo sempre lepre, sotto
quel genere che i grammatici latini chiamano promi-
scuo, perché dicendo la lepre femmininamente, inten-
diamo anco il lepro, se così si dicesse come si dice le-
prone. A 47 e 3 e similmente a 50 e 3 voi usate questa
voce credo veneziana, bambinetto, intendendo quello
che Dante chiamò alla bolognese fantolino, ma noi di-
ciamo sempre bambino, cioè infans latinamente.
Nel canto quinto non so se debbo avvertirvi che a
52 le figure mi paiono mal poste; vi dirò bene che a 52
e 4 quel tradissi vuoi dire tradisci.
Nel canto sesto è da voi usata questa parola borsec-
chin, e così dite medesimamente a 102 e 8, la qual
voce, oltra che pare bassa e volgare troppo, avendo detto
il Petrarca:
Materia da coturni e non da socchi,
noi diciamo ordinariamente borzacchino. A 56 e 2, quel
t'apri credo voglia dire t'apra. A 56 e 8, quel le saetta,
credo sia scorrezione in luogo di la saetta o le saette.
Gozzaglia, a 56 e 10, significando quello che Vergi-
lio disse palearia, credo sia viniziano, e non solo non
mi dispiace, ma mi pare bello; pure noi, s'io non sono
errato, diciamo giogaia; a 57 e 4 ho notato quelle parole


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