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Lucretius Carus, Titus - De rerum natura » Varchi, Benedetto Lezioni sul Dante - p. 133

Varchi, Benedetto

Lezioni sul Dante e prose varie


ta, ma in gran parte: onde ciò nolle è violento sempli-
cemente, ma secondo un certo che: e cotale violento
non è inconveniente che sia perpetuo. Di queste impres-
sioni e alterazioni meteorologiche, cioè sublimi, e che
si generano nelle regioni eteree sopra il capo nostro,
favellò Dante divinamente, come suole, nel ventune-
simo canto del Purgatorio: dove volendo mostrare,
che la porta donde s'entra nel Purgatorio era più alta
della sommità degli altissimi monti, i quali rompono
il movimento del cielo, e per conseguente fanno che
l'aria non si volge più in giro colla prima volta, cioè
col corso e rivolgimento del primo cielo; e che conse-
guentemente in essa montagna sopra detta porta non si
generavano più alterazioni, né impressioni alcune, disse:
Libero è qui da ogni alterazione;
Di quel che 'l cielo in sé da sé riceve,
Esser ci puote e non d'altro cagione.
Perché non pioggia, non grando, non neve,
Non rugiada, non brina più su cade,
Che la scaletta de' tre gradi breve.
Nuvole spesse non paion, né rade:
Non corruscar, né figlia di Taumante,
Che di là cangia sovente contrade.
Secco vapor non surge più avante,
Ch'al sommo de' tre gradi, ch'io parlai,
Dov'ha 'l Vicario di Pietro le piante, ec.

Questi versi, i tre primi de' quali non pare che siano
stati intesi da alcuno degli spositori, pare a me che
non solo imitino, ma adeguino, anzi vincano, come a-
vemo dimostrato altrove, que' leggiadrissimi versi di
Lucrezio nel principio del terzo libro, tratti del sesto
dell'Ulissea:
Apparet divum numen, sedesque quietae,
Quas neque concutiunt venti, nec nubila nimbis


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