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Petrarca, Francesco - Triumphi » Varchi, Benedetto Lezioni sul Dante - p. 156

Varchi, Benedetto

Lezioni sul Dante e prose varie


sizione alcuna di nessuna maniera, come nell'altre in-
telligenze, le quali hanno tutte un certo che di com-
posizione, essendo composte d'atto e di potenza; e tutte
dipendono da lui, come da cagione efficiente, finale e
formale. Perché la forma e il fine, nelle cose eterne,
sono una cosa medesima: del che segue, che chi dà il
fine all'intelligenze, dà loro la forma, e chi dà la for-
ma è l'agente. Dio dunque solo è cagione senza cagio-
ne, e per conseguenza più nobile e più perfetto infini-
tamente non dico di qual si voglia più perfetta e più
nobile intelligenza, ma di tutte quante insieme.

Quello che Dio intenda
Capo Secondo.


L'intendere è la più nobile e la più perfetta ope-
razione che si possa fare: onde coloro che levano l'in-
tendere dal primo intelletto, lo privano della maggiore
nobiltà e perfezione; e perché l'intendere è in due modi,
o in potenza, come quando altri dorme, o in atto, co-
me quando specoliamo; l'intendere è nel primo intel-
letto nel secondo modo, intendendo egli sempre senza
intermissione nessuna. È ben vero che Aristotile, trat-
tando questa quistione nel duodecimo della prima Fi-
losofia al testo del commento 51, dice che il primo in-
telletto non intende se non sé stesso: ma intendendo
solo sé stesso, intende tutte le cose che furono, sono
e saranno. Il che come essere possa, dubitarono mol-
ti, e molto furono discordi l'uno dall'altro, allegando
molte e diverse ragioni e autorità, così per difende-
re l'oppenione loro, come per oppugnare l'altrui; le
quali se noi volessimo allegare e dichiarare tutte, non
basterebbono parecchi lezioni, non che l'ultima parte


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