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Varchi, Benedetto

Lezioni sul Dante e prose varie


o buono apollo, o benigno Febo padre delle Muse e dei
poeti; all'ultimo lavoro, in questa terza ed ultima
Cantica; fa me, ché così hanno i testi migliori, e non
fammi o famme, ancora che tutti stessero bene; sì fatto
vaso del tuo valore, cioè empimi di maniera della
grazia e favore tuo; come dimandi, come tu ricerchi e
richiedi; a dar l'amato alloro, innanzi che tu coroni
e conceda l'alloro amato da te, cioè in sentenza: fam-
mi tale quale debba essere un degno poeta. o buono,
questa parola veramente buona ha nella nostra lingua
tutte quelle significazioni che nella latina, perciocché
oltraché tutti gli artefici si chiamano buoni, cioè dotti
nel lor mestiero, come buon musico, buon pittore,
egli significa ancora propizio, largo e liberale, come in
questo luogo a imitazione di Vergilio nella Boccolica:
Sis bonus o felixque tuis!
e medesimamente nel primo dell'Eneida:
Adsit laetitiae Bacchus dator, et bona Juno,
cioè benigna e liberale. Significa ancora molte volte
grande, così nella prosa come nel verso; e sebbene non
mi ricorda che il Petrarca l'usasse in tale significato,
non però devemo fuggirlo, e massimamente avendolo,
oltra il parlar nostro cotidiano, usato il reverendissimo
cardinal Bembo, cioè il secondo Petrarca, nel sonetto:
Se delle mie ricchezze care e tante
E sì guardate, ond'io buon tempo vissi;

cioè grande e lungo, non lieto e felice, come usò il Pe-
trarca quando disse:
Amor, che meco al buon tempo ti stavi.
Pigliasi ancora nel contrario senso per ironia, dicendosi
il buono uomo, cioè reo e malvagio, come i Latini
bonus vir; e come essi pigliano buono e bontà per una
cotale sciocchezza e dappocaggine, perché così sono te-
nuti i buoni le più volte dal volgo, così facciamo noi


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