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Averroes - In De divinatione per somnum » Varchi, Benedetto Lezioni sul Dante - p. 318

Varchi, Benedetto

Lezioni sul Dante e prose varie


tutto il giorno, verbigrazia, io son dotto come te, tu
non sei ricco come me, ed altri parlari somiglianti, i
quali sono barbari e non toscani, dovendosi dire, io
ho lettere come tu, e non come te; tu non hai roba
com'io, e non come me, perciocché vi si intende sem-
pre il medesimo verbo; anzi dai buoni autori vi si pone
spessissime volte, e però disse Dante sì com'io, e non
sì come me, come disse ancora il maestro delle ele-
ganze ovvero leggiadrie:
Ma non ho, come tu, da volar piume.
È ben vero che col verbo sostantivo facciamo il con-
trario dei Latini, cioè ponghiamo dopo non il nomi-
nativo, ma l'accusativo; onde chi favella correttamente
non dice, s'io fussi tu, o se tu fussi io, ma s'io fussi
te, tu fussi me, e s'io fussi stato lui, non s'io fussi
stato egli; e però disse il medesimo maestro di tutti
i parlari ornati:
Ch'altro non vede, e ciò che non è lei
Già per antica usanza odia e disprezza,

come, se ben mi ricorda, n'avvertisce il dottissimo e
reverendissimo cardinal Bembo.
E cominciò: tu stesso ti fai grosso
Col falso immaginar, sì che non vedi
Ciò che vedresti, se l'avessi scosso.

Non senza qualche riprendimento mostra Beatrice
la cagione dei suoi dubbi a Dante, e questo fa per av-
vertirlo che non erri un'altra volta, venendo la ca-
gione dell'errore da lui medesimo; e perché non è modo
alcuno d'insegnare alcuna cosa, né migliore né più
utile, che mostrar prima la cagione dell'errore, gli
disse, ciò facendo: tu stesso, o Dante; ti fai grosso,
cioè tu medesimo sei cagione de' tuoi dubbi, chiamando
grosso quello che i Latini dicono crasso, cioè di tardo


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