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Aristoteles - De generatione et corruptione » Varchi, Benedetto Lezioni sul Dante - p. 365

Varchi, Benedetto

Lezioni sul Dante e prose varie


e si può aver cura in due modi, o in universale, o in
particolare: in universale, come chi provvedesse, e-
sempigrazia, alla spezie sola dell'uomo: in particola-
re, come chi provvedesse a' singulari ed individui, cioè
a tutti gli uomini a un per uno. Ora furono alcuni,
come Diogene, che per questo si chiamò ateo, cioè
empio e senza Dio, i quali negarono non che la prov-
videnza di Dio, ma Dio stesso; della quale oppenione
non si può neanco immaginare cosa né più empia né
più impossibile. Alcuni, come furono gli Epicurei,
concedettero bene gli Dii, ma senza operazione o pen-
siero alcuno, non curanti le cose mortali di ragione
nessuna, e però Lucrezio, che risuscitò ed arricchì il
domma e la setta di Epicuro, illustrandolo co' suoi versi
pieni di dolcezza e leggiadria, disse in un luogo:
Nam bene qui didicere Deos securum agere aevum, ec.;
ed in un altro:
Nec bene promeritis capitur, nec tangitur ira.
Alcuni dissero che la provvidenza di Dio non si disten-
deva più giù che il cielo della luna, e però il mondo
superiore era tutto bello, tutto buono e tutto ordina-
to, e questo nostro tutto 'l contrario, e questa oppe-
nione, benché falsamente, fu attribuita ad Aristotile.
Alcuni dissero che Dio curava non solo il mondo su-
periore, ma ancora l'inferiore: bene è vero che egli
avea cura del superiore in universale ed in particolare,
ma del mondo inferiore solamente in universale, cioè
delle spezie delle cose; e questa oppenione s'attribuisce
al divino Platone, e per questo dicono che egli pose
l'idee degli universali solamente, e non dei particulari.
Alcuni tengono, e tra questi Simplicio e Giovanni Gram-
matico, che Dio curi così il mondo inferiore come il
superiore, ed amendue tanto in particolare quanto in
universale; anzi vogliono che infino i mostri caggiano


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