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Plato - Respublica » Zucchi, Giacomo Dei de' Gentili - p. 56

Zucchi, Giacomo

Discorso sopra li Dei de' Gentili e loro imprese


sì come in questo quadro dipinto si vede; la quale tiene dall'altra mano l'arco
et le saette, i quali finsero che gli aspri dolori del partorire dinotassero; indi
le orna il capo una cornuta Luna. Ma la femina che se gli vede appresso è presa
per la Rugiada, tenuta di essa figliuola. Herodoto vuole che nella Grecia gli
fosse di semplicissime verginelle fatto sacrificio; Plutarco in Persia di Bovi.
Altri, come Virgilio, di Cervi. Infiniti sono i nomi a lei dedicati: prima, come
dicemmo, Luna, Diana, Hecate, Lucina, Proserpina, Astrea, Trivia, Dictinna,
Argentea, Febea, Taurica, Persica, Mena, Imnia; et Ovidio nella Epistola di
Fedra
Delia la chiama. Strabone nel decimoquarto Artemis, et altri Orthodosia,
Istria, Orthia, Pironia, Lucifera, Hespero, Alfea, Arcades, e finalmente dal suo
famosissimo Tempio Efesia fu detta; il qual Tempio, narra Plutarco, e nel decimo-
quarto Strabone, che è stato uno de' più magnifici et sontuosi edifici che fra
le cose stupende e maravigliose del mondo si sia giamai o visto o sentito. Di
questo larghissima congettura far se ne può, quando che 220 anni bisognarono
ad essere da tanta moltitudine di artefici condotto. Dicono che, oltre all'altre
parti maravigliose che haveva, era il ricchissimo ornamento di 221 Colonne
di stupendissima e terribil grandezza. Lascio infinite altre cose, di pregio, di
ricchezza et disegno nobilissimo, secondo che da' detti autori habbiamo, a' quali
si rimette il curioso; basta che Chersifone fu di tanta opera architetto. Ma
tornando al nostro ragionamento, non mi è nascosto la diversità de' Padri che
a questa attribuiscono: alcuni di Iperione la credono figliuola, ma Apollodoro,
nel primo della sua Biblioteca, di Giove e di Latona, a cui la maggior parte
delli autori s'accostano; sì come lo veggiamo nel secondo De Natura Deorum.
Né ci mancano chi di Aristeo, altri di Tartaro la fanno figliuola. Ma seguendo
l'opinione migliore detta di sopra, questa di Giove habbiamo per nostro soggetto
tolta, la quale vuole ancora che in sua tutela le Vergini et le Ninfe siano ad
essa parimente consecrate; credo che, sendo questo Pianeta freddo, et humido,
et feminino, induca virginità e castità, et simili, quali sono suoi particolar potenze.
Ovidio et Horatio Flacco la fanno Dea sopra le Caccie, e de' monti, delle selve,
de' boschi, delle strade custode; Montium custos, Nemorumque Virgo. Fannogli
tirare da due Cavalli l'argentino Carro, un nero et un bianco, sì come dipinto si
vede, figurando la luce sua et di notte e di giorno risplendere. Fra i metalli gli
attribuiscono l'argento, et fra i colori il bianco.
Ma è tempo di toccar due parole superficialmente di questo Pianeta, sì
come dell'altri si è fatto. Prima gli habbiamo fatto a' piedi il Cancro, imagine
Celeste, sua casa, in sul quale siede un putto, il quale, sostenendo lo scettro alla
Luna, come Lucina attribuito, in cima si vede il Tauro, essaltatione di essa.
Ma chi volesse discorrere sopra di questo Pianeta, dico dell'infiniti effetti suoi
troppo ci saria che dire, et mi rendo certo che meglio sia il passarla; replicherò
sì ben sol questo, che ogni mese lustri un segno del Zodiaco, et vogliono, (cosa
mi par da ridere) che della Terra ad esso Cielo della Luna siano miglia 15625,
et dalla Luna a Mercurio miglia 7612, et da Mercurio a Venere altrettanto; da
Venere al Sole 24433, dal Sole sino a Marte miglia 15625, da Marte a Giove
6812, et da Giove a Saturno altrettanto; finalmente da Saturno al firmamento
miglia 24427. Questo è il giuditio, come da prima dicemmo, di chi vuol giudicare
il Ciel di Terra, cosa da burlarsene, chi ben lo considera, poscia che l'occhio
e l'intelletto nostro, che a pena le cose inferiori così dubbiosamente discerne,
ardisce e presume, poi nell'infinito dar così temerario giudicio. Ma lasciandoli
aggirar con loro Astrolabi, circoli e quadranti, torno al nostro ragionamento.
E prima di Nettuno diremo.


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