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Alighieri, Dante - Divina Commedia » Zucchi, Giacomo Dei de' Gentili - p. 61

Zucchi, Giacomo

Discorso sopra li Dei de' Gentili e loro imprese


no che, trasformato in Cuculio, fusse da Giove ingannata, che poscia sua consorte
la fece; et quindi è che gli Argivi, secondo Pausania, faceano la statua sua con
il Cuculio in cima dello scettro.
Dicono che, dormendo ella, le fu attaccato alle zinne il piccolo Ercole, dove,
destandosi, et spaventata, scuotendosi forte, schizzò il latte per il Cielo, onde
segnato ne venne, et Via Lattea da' Poeti et Astrologi volgarmente fu detta; et di
quel che in terra cadde affermano i gigli bianchi esser nati, che poi rose di Giu-
none furno volgarmente dette. Varii sono i nomi che li danno, come Populonia,
Misena, Ciriachia, Interduca, Vasia, Dumiduca, Morata, et altri che per brevità
gli lasciamo. Virgilio nel primo gl'attribuisce 14 Ninfe, ma la più celeberrima
Iride chiama, la quale spesse volte, simile a Mercurio, ha fatto l'ufficio d'ispedita
messaggiera. Se ben pigliano l'altre per li varii effetti dell'aria, gli si attribuiscano
e fingono il baleno, il trono, il fulgore, la pioggia, la grandine, la ruggiada, la
nebbia, la neve, la cometa, i vapori e simili. Vogliono che questa di Giove solo
Vulcano de' figliuoli havesse, ma da sé stessa Hebe et il bellicoso Marte; sì come
parlando di Marte dicemmo. Vuol Virgilio, al quarto, che d'una bianca Vacca gli
fosse fatto sacrificio. Eusebio in Preparatoria Evangelia, quarto, trattando de' sacri-
ficii racconta che, non si contentando la pazzia de' Gentili degl'animali bruti, vol-
sero aggiungere ogni giorno tre ben disposti corpi humani ne' sacrificii a questa
Dea, come faceano parimente ne' Saturnali a Saturno, non solo di huomini, ma di
ceneri et innocenti puttini, sì come ancora nell'isola di Salamina in honore di Dio-
mede faceano, dove racconta che un Giovane, circondato tre volte il destinato Al-
tare, era finalmente per vittima miseramente scannato. Apollodoro racconta che i
Lacedemoni a Marte d'un huomo gli facevano spaventoso sacrificio, sì come pari-
mente in Scithia, et nella Tracia similmente a Pallade pur di una Vergine, se ben
poi, levato tal vitio, una candida Cerva si sacrificava. In somma era venuto tanto in
consuetudine, secondo detto Eusebio, il sacrificare con sangue humano a ciascun
Dio, come in Arcadia a Pan Liceo, in Cartagine a Saturno, in Licia a Giove,
in Lesbi a Dionisio, che Heretteo Attico il propio figliuolo a Proserpina, sì come
Maccurio Romano il suo al genio o demone custode, crudelmente sacrificassino.
Vogliono che Ercole ultimamente in parte placasse tanta nefanda superstitione,
che per tutte l'Isole di Chio, di Tenedo, Arcadia, Egitto, Ledemotria, la Libia,
Fenicia, Arabia e Licia, et dove per tutto era scorsa tanta peste, sino a tanto
che Aristofane Messinio sacrificò in una volta 300 huomini, in fra i quali dice
Eusebio fu Teopompo Re, da' Lacedemoni hostia reale al Diavolo consecrata.
Né restò tanta sceleratagine, sin che per la predicatione et dall'istesso sangue
delli Santissimi Apostoli et eletti di Nostro Signore non fu del tutto estinta, sino al
tempo dico di Adriano Imperatore, havendo fondata la Santa et vera et Evange-
lica Chiesa. Ma tornando a Giunone, vuole Ovidio che Argo da lei in Pavone
convertito fosse, et il suo ornato Carro tirasse, sì come nella pittura chiaramente
si vede; ma lei, con corona in testa et lo scetro in mano, tiene sotto di sé Regni,
Corone, Scetri e simili cose, delle quali lei credevano havere la cura; et a lei
gli ambitiosi di quel secolo ricorrevano, non avvertendo con quanta brevità poi
sieno, e caduche e frali, sì come l'ornata e pennuta Ruota dell'occhiato Pavone;
overo il celeste arco dissolvendosi sparisce, così l'ambitione, le ricchezze fanno.
Desidera quello in altro trovar quiete, e gli trova sospetti, miserie occulte, adu-
lationi, timori inquieti e gare; poiché: Horrorem suum pericula trahunt, et in maiori
gradu, maior sine dubio poena.

Soggiunge che altissimi montes, crebris fulminibus feriuntur, poiché chiara-
mente veggiamo che non si può esser ricco et felice, dice il Savio. Ma si
vede certo che maggior ricchezza è il non desiderarle, non apportando altro che
inquiete et affanno. Onde S. Bernardo: O ambitio ambientium Crux, quomodo
omnes torques, et omnibus places.
Hor tornando a proposito, se gli sono fatti,
per esser questa presa per l'elemento dell'Aria, gli sono fatti i festoni sopra di
ucelli variati et animali aerei, se bene diverse cose ci sarebbono che dire; ma


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