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Valerius Flaccus, Gaius - Argonautica » Zucchi, Giacomo Dei de' Gentili - p. 63

Zucchi, Giacomo

Discorso sopra li Dei de' Gentili e loro imprese


anzi, spesse volte, per una stessa tenuta, veramente che non guardando più in là,
che tanto par cosa stravagantissima e che star non possa. Ma considerando un
poco meglio, come alcuni affermano, possiamo dire che, sendo questa per il foco
presa, qual foco e crudelissimo incendio veder si può maggiore, che quello di
questa Venere Vestale? Poiché in un corpo humano consuma la vita, la robba e
l'honore. Spesse volte veggiamo di quanti homicidi è cagione, e di quante risse,
non perdonando il Padre al Figlio, né 'l Figlio al Padre, né marito a consorte, né
la consorte a suo marito. Quanti stupri, e quanti inganni ne seguono? Ma più ne
seguirebbono, se dalla severa e santa giustitia delli giustissimi Principi affrenata
non fosse. Hora tornando ad essa Vesta, poi che di questa ragioniamo, si è fatta
con un vaso dentro una fiamma, alludendo, come è detto, al perpetuo foco; vestita
di rosso. Ma la forma dell'habito sta di maniera che il viso resta quasi del tutto
coperto, per le ragioni già dette; con una ghirlanda di fiori in testa.
Hora tornando a ragionare dell'altra Vesta maggiore, dico di quella che
per la terra e madre di Saturno è tenuta, anzi, spesse volte per la gran
madre delli Dei invocata, la finserogli antichi sopra un Carro ornato di
quattro rote, per le quali le quattro stagioni intendevano, tirato da dui fieri Leoni,
con una corona a modo di torre in testa, co'l suo Scettro in mano, et di aspetto
matronale; sì come nella pittura secondo gli antichi si vede dipinto Vulcano che
sopra alle Città et l'habitationi havesse la cura, et gli furno costituiti i Tempii,
Sacerdoti, e fatti sontuosissimi sacrifici, invocandola sotto diversi nomi come
Cibele, Berecinthia, Vesta, Opis, Tellure, Gran Madre, Pale, et simili. A canto
a lei, a man dritta, si vede, coronata di spighe e con due facelle di pino accese,
la copiosa Cerere, in quell'atto che leggiadramente la dipinge l'Ariosto, quando,
in sul Carro tirato da serpenti, la presa e rapita Proserpina cercando andava; ma
dall'altra mano tiene un libro, per haver di Legifera, secondo Diodoro, havuto
il nome; et finalmente a piede ci sono i serpenti, et canestri pieni di spighe e
biade, delle quali vuole Ovidio, al quinto delle Metamorfosi, ne fosse inventrice:
Prima Ceres unco glebam demovit Aratro,
Prima dedit fruges, alimentaque mitia terris,
Prima dedit leges Cereris, sunt omnia munus.

Vogliono che ne' sacrifici una porca gli offerissero, ma appresso agl'Athe-
niesi uno Ariete, et parimente il Papavero ancora gli era dedicato. Fu con diversi
nomi invocata, come Eroina, Panacea, Eleusina, Legifera, Iside, Sacrosanta, et
simili. Le due figure finte di marmo dell'ornamento, a man dritta è Proserpina,
sua e di Giove figliuola; l'altra è Amata Vergine Vestale, con un vaso col per-
petuo foco; et questo basti.

Bacco.

Se mai stravaganti openioni fra gli antichi nell'Origine de' loro Dei sen-
timmo, senza dubbio stravagantissime in questa di Bacco veggiamo, poiché non
solo di diversi padri et madre procreato lo fanno, ma, accrescendo la lor pazzia,
vogliono che dell'utero proprio di Giove al maturo tempo fosse partorito, et per
questo, fra gl'altri infinitissimi, di Bimatre il nome gli davano, sì come da Ovidio
al terzo Metamorfosi habbiamo; il quale, di Giove et della fulminata Semele figlia
di Cadmo mostra la mostruosa origine sua. Apollodoro nel terzo vuole che, sendo
nato il putto, Giove per Mercurio alla Ninfa Hiade per nutrirlo lo mandasse, et
che questa, dopo haverlo col suo latte et mele allevato, in ricompensa et merito
da esso Giove fosse assunta in Cielo, in una stella così dal suo nome chiamata.
Non ci è nascosta ancora la opinione di quelli che di Proserpina e Giove figlio
lo fanno; et altri, Nila chiamandolo, del Nilo lo credono. Et non mancano chi di
Giove et Luna, et altri d'altri, che troppo longo saria replicarlo. Parimente è gran
confusione dove educato fosse, poiché chi in Neubea, chi in Esa di Arabia, e


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