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Biblia, Ps » Zucchi, Giacomo Dei de' Gentili - p. 70

Zucchi, Giacomo

Discorso sopra li Dei de' Gentili e loro imprese


dalla gelosa moglie, fatto un superbo rogo, et in su quello offerto la mortale
spoglia, ascese o fu creduto che ascendesse e fosse assonto nel numero delli
celesti Dei. Restano infinite altre gloriose di lui imprese, ma basta sommariamente
haver toccato questo poco, replicando che sotto questi velami si vedono chiare le
infinite persecutioni de' miseri virtuosi, se dal celeste aiuto non vengono soccorsi;
posciaché hor l'avaritia de' lupi, hor la rapacità de' leoni, hor la tempestosa furia
de' tauri, hor l'insidie et astutie de' velenosi serpenti, hor le fraudi de' Gerioni,
hor le lusinghe d'Onfale, hor l'adulatione delle locuste, hor la bestialità de'
Centauri, et hora finalmente la rabbia della crudel Giunone, che mai satia si rende
di contrastare alli alti concetti del noioso figliastro, sinché finalmente, col mezo del
pessimo veleno dell'Hidra infernale, a morte lo condusse, se ben poi, mal grado
suo pacificati insieme, ottiene la bella Hebe sua figlia per moglie; et se vivo fece
restare dell'opere sue attoniti i mortali, non mancorno doppo morte a gloria sua
i tempii, gl'altari, le vittime et i sacerdoti con somma veneratione honorarlo. Non
volsero, anzi del tutto prohibirono, che 'l sesso feminino non potesse convenire in
modo alcuno ne' sacrifici suoi, né potessero né giurare né invocare sotto questo
nome, né manco, dico, nel suo sacro Tempio entrare. Restaci una delle sue fatiche
memorabili da raccontare, et faremo fine, sì come da Diodoro habbiamo et Apol-
lodoro, quale è che, trovandosi Tespio Re di Beotia 50 figliuoli di varie donne
havuti, dapoi haver fatto a Hercole un sontuoso convito, volse che aggiugnesse
questa alle altre sue chiare imprese, come per questi versi habbiamo:
Tertius hinc decimus labor est durissimus, una
Quinquaginta simul stupravit nocte puellas.

Basta che, havendo havuto di tutte un figliuolo, eccetto la prima e l'ultima, che
gemini fecero, furno poi con Iolao nell'Isola di Sardigna come Colonia mandate,
sì come al quarto Diodoro narra, et col nome di Tespiadi dette. Apollodoro dice
che una sola, che al sacerdotio si offerse, intatta rimanesse. La figura a canto per
ornamento, quella finta di bronzo a man dritta è la Virtù coronata di fiori, et alata,
con un giglio in mano; l'altra è la Fatica, vestita di una spoglia di toro, premio
peculiare de' poveri virtuosi; et questo basta.
Doppo haver finalmente dichiarato sommariamente quanto all'inventione tocca,
ci restano oltra ad altri infiniti ornamenti li dodici tondi finti di bronzo sopra le
lunette, quali sono dalle figure di chiaro scuro che detto habbiamo messi in mezo,
dove sono situati i dodici segni del Zodiaco, posti in questa maniera: che, trovan-
dosi il quadro di Apollo, come dicemmo, nel mezo del Cielo della volta, gli viene
un di questi tondi per banda, ne' quali in uno l'Ariete, et caminando in verso il
Saturno, sopra del quale viene il Cancro Solstitio dell'Estate; indi seguitando per
Leone alla Libra arriva all'Equinottio autunnale, che viene a proposito, sendo a
canto al Bacco. Ma, seguitando verso la Luna, trova il Solstitio vernale, dico il
Capricorno, e caminando di nuovo verso Ariete passa per il restante de' segni, dico
Aquario e Pesci, là onde ne segue che a punto i solstitii vengono nelle testate della
galleria, cioè della volta, della quale parliamo, dico il Cancro volto a Tramontana
et il Capricorno a Mezo Dì; quello pianeta più alto, questo dalla Luna più riscontro,
et parimente gl'Equinottii giusto nel mezo della galleria, l'Ariete a Levante, et la
Libra verso Ponente volta, sì come dalla pittura facilmente si può comprendere.
Per li quali segni discorrendo il Sole distingue il continuo variar delle stagioni,
mese per mese, sendo la natura di detti dodici segni, se bene altri attribuiscono
questi segni a' membri dell'huomo, sì come per questi versi habbiamo per Lilio
Giraldi:
Namque Aries capiti, Taurus cervicibus haeret,
Brachia sub Geminis censetur, pectora Cancro,
Te scapulae Nemeae vocant, teque ilia Virgo
Libra colit elunes et Scorpius inguine regnat,
Et femur Arcitenens genua et Capricornus amavit
Cruraque defendit iuvenis vestigia Piscies
;


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