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Augustinus, Aurelius - De civitate Dei » Della Casa, Giovanni Galateo - p. 386

Della Casa, Giovanni

Trattato cognominato Galateo ovvero de' costumi


in sì fatte rammemorazioni fosse caduto, si dee per acconcio
modo e dolce scambiargli quella materia e mettergli per le mani
più lieto e più convenevole soggetto, quantunque, secondo che io
udii già dire ad un valente uomo nostro vicino, gli uomini abbiano
molto bisogno sì di lagrimare come di ridere; e per tal cagione egli
affermava essere state da principio trovate le dolorose favole che
si chiamarono tragedie, acciocché, raccontate ne' teatri come in
quel tempo si costumava di fare, tirassero le lagrime agli occhi di
coloro che avevano di ciò mestiere, e così eglino, piangendo, della
loro infirmità guarissero. Ma, come ciò sia, a noi   non istà bene di
contristare gli animi delle persone con cui favelliamo, massima-
mente colà dove si dimori per aver festa e sollazzo e non per pia-
gnere
: ché, se pure alcuno è che infermi per vaghezza di lagrimare,
assai legger cosa fia di medicarlo con la mostarda forte o porlo in
alcun luogo al fumo. Per la qual cosa in niuna maniera si può
scusare il nostro Filostrato della proposta che egli fece piena di
doglia e di morte a compagnia di nessuna altra cosa vaga che di
letizia. Conviensi adunque fuggire di favellare di cose maninconose,
e più tosto tacersi. Errano parimente coloro che altro non hanno in
bocca giammai che i loro bambini e la donna e la balia loro: — Il
fanciullo mio mi fece ieri sera tanto ridere. — Udite; voi non ve-
deste mai il più dolce figliuolo di Momo mio. — La donna mia
è cotale. — La Cecchina disse. — Certo voi no 'l credereste del cer-
vello ch'ella ha. — Niuno è sì scioperato che possa né rispondere
né badare a sì fatte sciocchezze, e viensi a noia ad ognuno.
<XII.> Male fanno ancora quelli che tratto tratto si pongono a re-
citare i sogni loro con tanta affezione e facendone sì gran maravi-
glia che è un isfinimento di cuore a sentirli; massimamente che co-
storo sono per lo più tali che perduta opera sarebbe lo ascoltare
qualunque s'è la loro maggior prodezza, fatta eziandio quando veg-
ghiarono. Non si dee adunque noiare altrui con sì vile materia


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