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Plato - Epinomis » Della Casa, Giovanni Galateo - p. 405

Della Casa, Giovanni

Trattato cognominato Galateo ovvero de' costumi


l'un vocabolo per l'altro: ma   chi schernisce sente contento della
vergogna altrui e chi beffa prende dello altrui errore non contento
ma sollazzo, là dove della vergogna di colui medesimo per avventura
prenderebbe cruccio e dolore
. E, comeché io nella mia fanciullezza
poco innanzi procedessi nella grammatica, pur mi voglio ricordar
che Mizione, il quale amava cotanto Eschino che egli stesso avea
di ciò maraviglia, nondimeno prendea talora sollazzo di beffarlo,
come quando e' disse seco stesso: “Io vo' fare una beffa a costui”.
Sicché quella medesima cosa a quella medesima persona fatta,
secondo la intenzion di colui che la fa, potrà essere beffa e scherno;
e, perciocché il nostro proponimento male può esser palese altrui,
non è util cosa nella usanza il fare arte così dubbiosa e sospettosa,
e più tosto si vuol fuggire che cercare di esser tenuto beffardo;
perché molte volte interviene in questo, come nel ruzzare o scher-
zare, che l'uno batte per ciancia e l'altro riceve la battitura per
villania, e di scherzo fanno zuffa, così quegli, che è beffato per sol-
lazzo e per dimestichezza, si reca talvolta ciò ad onta e a disonore,
e prendene sdegno: senza che la beffa è inganno, e a ciascuno na-
turalmente duole di errare e di essere ingannato. Sicché per più ca-
gioni pare che chi procaccia di esser ben voluto e avuto caro non


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