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Del Riccio, Agostino

Del giardino di un Re


da ca<va>llo et cava la sua spada forbita del fodero, et andò alla volta del
leone, et arrivato colà ove il detto leone stava a sedere, et aveva la preda avanti.
Il mercante arrivò con animo intrepido et coraggioso; prese il cervio morto et
con la spada ne tagliò un quarto, et portollo ai mercatanti che stavano lontani
a vedere tal cosa di meraviglia e stupore, e gli disse: "Signori miei, io
voglio ritornare a pigliare un altro quarto di cervio". Eglino non volevono;
a onta di quei fidi compagni volse andare, et arrivato prese il cervio, e col ferro
tagliente ne volse spiccare un altro quarto. Il leone si rizzò con ardire et
battè la coda, quasi che avisandolo che si contentassi dell'onesto; allora il
mercante intese, perché ad ogni bene intenditor basta dir poche parole; così
questo si ritornò dalli altri suoi compagni con le trombe nel sacco. Questa
storia si puote dipignere nel muro con gesti et atti che potettono in terra es-
sere, e poi pittori et poeti hanno potestà d'aggiugnere, come dice Horazio,
se non mal mi ricordo.
Non men bello fu quel fatto che scrivano gl'antichi, che un mercante trovò
un lione che zoppicava da un piede, et egli andò alla volta sua; et così gli cavò
una pungente spina del[l] piede che lo faceva andar zoppo, et così premette la
zampa, là dove ne uscì molta marcia, et così fasciogli il detto piede et l'unse,
et andò per il suo viaggio. Altresì il leone medicato. Avenne che questo leone
col tempo fu preso et menato a Roma, ove stava racchiuso, et i Romani have-
vono questa usanza terribile, che molte i malfattori e huomini disleali et mal-
vagi erono dati in preda a' lioni vivi, e' quali erono sbranati miserabilmente.
Hora, avvenne che questo mercante che l'haveva già medicato fu preso per
un suo misfatto et condannato a morte, ma havea ad essere sbranato e man-
giato da' lioni vivo. Hor pensate che angoscia et tremore era di questo povero
huomo, poi che tutto tremante vi fu messo in questo lago de' lioni; et
egli era pallido in viso, i capelli si arricciavano, le mani e i piedi tremanti, il
cuore gli palpitava, poscia che aspettassi sempre d'essere sbranato come un
corpo d'un animale. Ma altrimenti avvenne, imperoché il leone andò per devo-
rarlo, ma avanti lo fiutò molte volte, et lo riconobbe all'odorato e non in altro
modo, che io non voglio stare a strolagare et beccarmi il cervello; et subito il
cominciò a leccare et baciare et abbracciare più volte. Il popolo romano che
vedde tal cosa, subito cavorno quel misero me<r>cante dell'anfiteatro dove
facevano tali spettacoli publici, et domandavagli quel che significava tal fatto
che il leone lo fiutava et leccava, altresì l'abbracciava. Egli disse: "Presto son
a dirollovi", et cominciò a dire la storia che ho detta di sopra. Io la dirò un'al-
tra fiata, ma non siamo più di maggio, che le ore ci si dichino più volte. Que-
sta ancora si puote dipignere in un muro della gran grotta che noi favelliamo.
Un altro fatto ancora si dice approposito del leone, et è tale, che un huomo
tristo che per i suoi mali portamenti fu condennato a essere cibo de' lioni;
egli era giovane, coraggioso et bravo, et pregava il Re che gli facesse solo una
grazia, che concedesse due guanti di maglia che addoperano i soldati, et egli
disse che se haveva tal grazia, voleva andare nudo nell'anfiteatro. Il Re con
tanti prieghi gli concesse tal grazia; questo huomo animoso si misse i due
guanti di maglia che arrivavono infino a mezzo il braccio et legogli bene, così


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