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Disticha Catonis » Bruno, Giordano Cena - p. 67

Bruno, Giordano

La cena de le ceneri


di dodici e mezzo, trenta due; e cossì va discorrendo: sin
tanto che, vicinissimo, venghi ad essere di quella gran-
dezza che pensate?
Smitho Tanto che, secondo il vostro dire, benché
sii falsa, non però potrà essere improbata, per le raggioni
geometrice la opinione di Eraclito Efesio che disse il so-
le essere di quella grandezza che s'offre agli occhi
; al
quale sottoscrisse Epicuro, come appare ne la sua Epi-
stola a Sofocle
e ne l'undecimo libro De natura (come re-
ferisce Diogene Laerzio): dice che, per quanto lui può
giudicare, «la grandezza del sole, de la luna e d'altre
stelle è tanta, quanta a' nostri sensi appare»; «perché»
dice, «se per la distanza perdessero la grandezza, ad più
raggione perderebbono il colore»; «e certo» dice, «non
altrimente doviamo giudicar di que' lumi, che di questi
che sono appresso noi»
.
Prudenzio Illud quoque epicureus Lucretius testatur
quinto De natura libro:
Nec nimio solis maior rota, nec minor ardor
esse potest, nostris quam sensibus esse videtur.
Nam quibus e spaciis cumque ignes lumina possunt
adiicere et calidum membris adflare vaporem,
illa ipsa intervalla nihil de corpore limant
flammarum, nihilo ad speciem est contractior ignis.
Luna quoque sive notho fertur, sive lumine lustrans,
sive suam proprio iactat de corpore lucem,
quicquid id est, nihilo fertur maiore figura.
Postremo quoscunque vides hinc aetheris ignes,
dum tremor est clarus, dum cernitur ardor eorum,
scire licet perquam pauxillo posse minores
esse, vel exigua maiores parte brevique,
quando quidem quoscunque in terris cernimus ignes,
perparvum quiddam interdum mutare videntur,
alterutram in partem filum, cum longius absint
.
Teofilo Certo voi dite bene, che con l'ordinarie e
proprie raggioni invano verranno i perspettivi e geome-


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