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Aristoteles - De insomniis » Bruno, Giordano Cena - p. 24

Bruno, Giordano

La cena de le ceneri


vedeva ma non intendeva, Tiresia cieco, ma divino inter-
prete, diceva:
Visu carentem magna pars veri latet,
sed quo vocat me patria, quo Phoebus sequar:
tu lucis inopem gnata genitorem regens,
manifesta sacri signa fatidici refer.

Similmente che potreimo giudicar noi, si le molte e diver-
se verificazioni de l'apparenze de corpi superiori o circo-
stanti non ne fussero state dechiarate e poste avanti gli
occhi de la raggione? Certo nulla. Tutta via dopo aver re-
se le grazie a gli dèi distributori de doni che procedono
dal primo et infinito omnipotente lume, et aver magnifi-
cato il studio di questi generosi spirti, conoscemo apertis-
simamente che doviamo aprir gli occhi a quello ch'hanno
osservato e visto: e non porgere il consentimento a quel
ch'hanno conceputo, inteso e determinato.
Smitho Di grazia fatemi intendere che opinione
avete del Copernico.
Teofilo Lui avea un grave, elaborato, sollecito e
maturo ingegno: uomo che non è inferiore a nessuno
astronomo che sii stato avanti lui, se non per luogo di
successione e tempo; uomo che quanto al giudizio natu-
rale è stato molto superiore a Tolomeo, Ipparco, Eu-
doxo, e tutti gli altri ch'han caminato appo i vestigii di
questi: al che è dovenuto per essersi liberato da alcuni
presuppositi falsi de la comone e volgar filosofia, non
voglio dir cecità. Ma però non se n'è molto allontanato:
per che lui più studioso de la matematica che de la natu-
ra, non ha possuto profondar e penetrar sin tanto che
potesse a fatto toglier via le radici de inconvenienti e va-
ni principii, onde perfettamente sciogliesse tutte le con-
trarie difficultà, e venesse a liberar e sé et altri da tante
vane inquisizioni, e fermar la contemplazione ne le cose
costante et certe. Con tutto ciò chi potrà a pieno lodar la


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