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Plinius Caecilius Secundus, Gaius - Epistulae » Bruno, Giordano Cena - p. 26

Bruno, Giordano

La cena de le ceneri


vole non sarà che mi riprenda in ciò: atteso che questo
talvolta non solamente conviene, ma è anco necessario,
come bene espresse quel terso e colto Tansillo:
Bench'ad un uom, che preggio et onor brama,
di se stesso parlar molto sconvegna,
per che la lingua, ov'il cor teme et ama,
non è nel suo parlar di fede degna;
l'esser altrui precon de la sua fama
pur qualche volta par che si convegna,
quando vien a parlar per un di dui:
per fuggir biasmo, o per giovar altrui.

Pure, se sarà un tanto supercilioso che non vogli a propo-
sito alcuno patir la lode propria o come propria, sappia
che quella talvolta non si può dividere da sui presenti e ri-
portati effetti. Chi riprenderà Apelle che presentando
l'opra, a chi lo vuol sapere, dice, quella esser sua manifat-
tura? chi biasimarà Fidia s'a un che dimanda l'autore di
questa magnifica scoltura, risponda esser stato lui? Or
dumque a fin ch'intendiate il negocio presente e l'impor-
tanza sua, vi propono per una conclusione che ben pre-
sto, facile e chiarissimamente vi si provarà: che se vien lo-
dato lo antico Tifi per avere ritrovata la prima nave e co-
gli Argonauti trapassato il mare:
Audax nimium, qui freta primus
rate tam fragili perfida rupit;
terrasque suas post terga videns,
animam levibus credidit auris;

se a' nostri tempi vien magnificato il Colombo, per esser
colui, de chi tanto tempo prima fu pronosticato:
Venient annis
secula seris, quibus Oceanus
vincula rerum laxet, et ingens
pateat tellus, Tiphysque novos
detegat orbes, nec sit terris
ultima Thule;


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