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Biblia, Col » Bruno, Giordano Cena - p. 29

Bruno, Giordano

La cena de le ceneri


corporali. A questo modo sappiamo che si noi fussimo
ne la luna o in altre stelle, non sarreimo in loco molto
dissimile a questo, e forse in peggiore: come possono es-
ser altri corpi cossì buoni, et anco megliori per se stessi e
per la maggior felicità de propri animali. Cossì conosce-
mo tante stelle, tanti astri, tanti numi, che son quelle
tante centenaia de migliaia ch'assistono al ministerio e
contemplazione del primo, universale, infinito et eterno
efficiente. Non è più impriggionata la nostra raggione co
i ceppi de fantastici mobili e motori otto, nove e diece.
Conoscemo che non è ch'un cielo, un'eterea reggione
inmensa, dove questi magnifici lumi serbano le proprie
distanze, per comodità de la participazione de la perpe-
tua vita. Questi fiammeggianti corpi son que' ambascia-
tori, che annunziano l'eccellenza de la gloria e maestà de
Dio. Cossì siamo promossi a scuoprire l'infinito effetto
dell'infinita causa, il vero e vivo vestigio de l'infinito vi-
gore. Et abbiamo dottrina di non cercar la divinità ri-
mossa da noi: se l'abbiamo appresso, anzi di dentro più
che noi medesmi siamo dentro a noi. Non meno che
gli coltori degli altri mondi non la denno cercare ap-
presso di noi, l'avendo appresso e dentro di sé. Atteso
che non più la luna è cielo a noi, che noi alla luna. Cossì
si può tirar a certo meglior proposito quel che disse il
Tansillo quasi per certo gioco:
Se non togliete il ben che v'è da presso,
come torrete quel che v'è lontano?
Spreggiar il vostro mi par fallo espresso,
e bramar quel che sta ne l'altrui mano.
Voi sète quel ch'abandonò se stesso,
la sua sembianza desiando in vano:
voi sète il veltro che nel rio trabocca,
mentre l'ombra desia di quel ch'ha in bocca.
Lasciate l'ombre, et abbracciate il vero,
non cangiate il presente col futuro,
Io d'aver dì meglior già non dispero;


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