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Plutarchus - De Alexandri Magni fortuna aut virtute » Ripa, Cesare Iconologia - p. 497

Ripa, Cesare

Iconologia overo Descrittione di diverse Imagini cavate dall'antichità et di propria inventione [1603]


Si dipinge di color nero, per similitudine de gl'Ethiopi, che sono in
Levante, donde egli viene, et così è stato dipinto da gl'antichi.
L'ali sono inditio della velocità de i venti et circa l'ali questo basterà
per dichiaratione de tutti gli altri venti.
Si rappresenta con il Sole rosso in cima del capo, perché se il Sole quan-
do tramonta è rosso et infocato mostra che questo vento ha da soffiare il
dì che vien dietro, come mostra Vergilio nel libro primo della Georgica scri-
vendo li segni che ha il Sole delle stagioni, dicendo:
Caeruleus pluviam denunciat igneus Eurus.
Favonio o Zephiro.


Favonio o Zephiro.
che dir vogliamo.


Un Giovane di leggiadro aspetto, con l'ali et con le gote gonfiate,
come communemente si fingono i venti, tiene con bella gratia un
Cigno con l'ale aperte, et in atto di cantare.
Haverà in capo una ghirlanda contesta di varii fiori, così è dipinto da
Philostrato nel primo libro dell'Imagine, dove dice che quando viene que-
sto vento i Cigni cantano più suavemente del solito, et il Boccaccio nel
quarto libro della Geneologia delli Dei dice che Zephiro è di complessio-
ne fredda et humida, nondimeno temperatamente, et che risolve i verni,
et produce l'herbe et i fiori, et perciò gli si dipinge la ghirlanda in capo.
Vien detto Zephiro da Zephs, che volgarmente suona vita; vien detto
poi Favonio, perché favorisce tutte le piante, spira soavemente et con
piacevolezza da mezzo giorno sino a notte et dal principio di Primave-
ra sino al fine dell'Estate.
Borea.


Borea overo Aquilone.

Huomo horrido, con la barba, i capelli et le ali tutte piene di ne-
ve et con li piedi come code di serpi; così viene dipinto da Pausa-
nia et Ovidio nel 6. lib. delle Metamorfosi di lui così dice:
Deh perché l'arme mie poste ho in oblio
E 'l mio poter, che ogni potenza sforza,
Perché vo' usar contra il costume mio
Lusinghe et prieghi in vece della forza;
Io son pur quel temuto in terra Dio,
Che soglio al mondo far di giel la scorza
Che quando per lo ciel batto le piume
Cangio la pioggia in neve e'n ghiaccio il fiume
Tutto all'immensa terra imbianco il seno
Quando in giù verso il mio gelido lembo,
E come alla mia rabbia alento il freno
Apro il mar sino al suo più cupo grembo,
E per rendere al mondo il ciel sereno


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