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Aristoteles - De anima » Ripa, Cesare Iconologia - p. 94

Ripa, Cesare

Iconologia overo Descrittione di diverse Imagini cavate dall'antichità et di propria inventione [1603]


quali significano quest'odorifere qualità che essa partorisce, se bene ve-
ramente molte volte a molti con interesse delle proprie facoltà et quasi
con certo pericolo dell'honore, per lo sospetto continuo della perdita
della gratia et del tempo passato, il che si mostra nelle ginocchia ignude
et vicine a mostrare le vergogne et ne' ceppi che lo raffrenano et l'im-
pediscono, onde l'Alciati nelle sue Embleme così dice:
Vana palatinos quos educat aula clientes,
Dicitur auratis nectere compedibus

I fiori sparsi per terra in luogo sterile et sassoso mostrano l'apparen-
za nobile del cortegiano, la quale è più artifitiosa per compiacere il suo
Signore, che naturale per appagare se medesimo.
L'acconciatura della testa maestrevolmente fatta è segno di delicatu-
ra et dimostratione d'alti et nobili pensieri.
La veste di cangiante mostra che tale è la corte, dando e togliendo a suo pia-
cere in poco tempo la benevolenza de' Principi e con essa l'honori e facultà.
Tien con una mano l'hami legati con filo di color verde per dimostrare
che la corte prende gl'huomini con la speranza, com'hamo il pesce.
Le scarpe di piombo mostrano che nel servigio si dee esser grave e non
facilmente muoversi a' venti delle parole, overo delle unioni altrui, per con-
cepirne odio, sdegno, rancore et invidia, con appetito d'altra persona.
Se gli pone appresso la statua di Mercurio, la quale da gl'antichi fu po-
sta per l'eloquenza che si vede esser perpetua compagna del cortegiano.
È stata da molte persone in diversi modi dipinta, secondo la varietà
della Fortuna che da lei riconoscono fra gl'altri il Sig. Cesare Caporale
Perugino, huomo di bellissimo ingegno, di lettere et di valore, la dipinse
come si può vedere nei seguenti suoi versi, che così dice:
La Corte si dipinge una matrona
Con viso asciutto e chioma profumata
Dura di schiena e molle di persona.
La qual se'n va d'un drappo verde ornata
Benché a traverso a guisa d'Hercol tiene
Una gran pelle d'asino ammantata.
Le pendon poi dal collo aspre catene
Per poca dapocaggine fatale
Che scior se le potrebbe e uscir di pene.
Ha di specchi e scopette una reale
Corona tien sedendo su la paglia
Un piè in bordello e l'altro a lo spedale.
Sostien con la man destra una medaglia
Ove sculta nel mezo è la Speranza,
Che fa stentar la misera canaglia.
Seco il tempo perduto alberga e stanza,
Che vede incanutir la promissione
Di fargli un dì del ben se gli n'avanza.
Poi nel rovescio v'è l'Adulatione,
Che fa col vento de le sberrettate
Gl'ambitiosi gonfiar come un pallone.
Vi son anco le Muse affatichate
Per sollevar la misera e mendica
Virtute oppressa da la povertate.
Ma si gittano al vento ogni faticha
Che ha su 'l corpo una macina da guato,
E Fortuna ad ogn'hor troppo nimica.
Tien poi nell'altra man l'ham'indorato,
Con esca pretiosa cruda e cotta.
Che per lo più diventa pan muffato.

Né lasciarò di scrivere il Sonetto del Sig. Marc'Antonio Cataldi, il quale
dice a quest'istesso proposito:
Un vario stato, una volubil sorte,
Un guadagno dubbioso, un danno aperto,
Un sperar non sicuro, un penar certo,
Un con la vita amministrar la morte.


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