BIVIO: Biblioteca Virtuale On-Line

Ripa, Cesare

Iconologia overo Descrittione di diverse Imagini cavate dall'antichità et di propria inventione [1603]


Fede nell'Amicitia


Fede nell'Amicitia.

Donna vecchia et canuta, coperta di velo bianco, col braccio de-
stro disteso et d'un altro velo sarà coperta la destra mano.
Tiene coperta la mano destra, secondo l'ordine di Numa Pompilio Re
de' Romani nel sacrifitio da farsi alla Fede, per dare ad intendere che si ha
da servare la Fede con ogni sincerità all'amico, poiché: Fides (come dice
Pitagora) est amoris fundamentum, qua sublata tota amicitiae lex, ius, vis, ac
ratio peribit.

Rappresentasi canuta e vecchia, perché così la chiamò Virgilio, il che
dichiara un interprete, dicendo che si trova più fede ne gl'huomini che
hanno per molti anni maggiore esperienza et aggiunge per mostrare
che non basta conservare la Fede per alcun tempo, ma bisogna che sia
perpetua.
Racconta di più Acrone che, sacrificando alla Fede il Sacerdote, si co-
priva non solo la destra mano con bianco velo, ma il capo ancora e quasi
tutto il corpo, per dimostrare la candidezza dell'animo, che deve esser
compagna della Fede nell'amicitia.
Fede Maritale


Fede Maritale.

Donna vestita di bianco, con le prime due dita della destra ma-
no tiene un anello, cioè una fede d'oro.
Fedeltà. A


Fedeltà.

Donna vestita di bianco, come la Fede, con due dita della destra
mano tenga un anello, over sigillo, et a canto vi sia un cane bianco.
Si fa il sigillo in mano, per segno di Fedeltà, perché con esso si serrano e
nascondono li secreti.
Il cane perché è fidelissimo haverà luogo appresso questa imagine per
l'autorità di Plinio nel lib. 8. dell'Historia Naturale, dove racconta in par-
ticolare del cane di Tito Labieno veduto in Roma nel consolato d'Appio
Iunio et Publio Silio, il quale, essendo il sopradetto Tito in prigione, non si
partì mai da giacere per quanto poteva vicino a lui et essendo egli final-
mente come reo gettato dalle scale gemonie, supplicio che si usava in Ro-
ma a quelli che erano condannati dalla giustitia, stava il cane intorno al
corpo del già morto padrone, mostrando moltissimi effetti di dolore et
portando tutto il cibo che gli si dava alla bocca d'esso, essendo alla fine il
cadavero gettato nel Tevere, il cane ancora di propria voglia vi si gettò
reggendo sopra l'acque per buono spatio quel corpo, con infinita meravi-
glia de' riguardanti.
Si legge anco in Erasto d'un Cavalier Romano che haveva un figliuo-
lo unico nelle fasce, appresso al quale di continuo stava un cane dome-
stico di casa et avenne che facendosi un giorno nella Città alcuni gio-
chi militari, ove il Cavalliere doveva intervenire, volle la curiosa


pagina successiva »
 
p. 152