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Plautus, Titus Maccius - Menaechmi » Della Porta, Giovan Battista De i miracoli - p. 62a

Della Porta, Giovan Battista

De i miracoli


delle quali ne racconta molte Aristotile e molte la
sperienza. Come alcuni animali del genere degli in-
setti, li quali vulgarmente chiamiamo lucciole sono de
fonghi de Capi, e delle squamme de pesci, come del pe-
scio trichia, fresco, che altrimenti si domandano Ho-
ringi. Similmente il nibbio, l'ogne delli pettini splen-
dono di fuoco, in bocca a chi li mangia. Così gli occhi
de Lupi e de Gatti. Si trova ancho in Germania uno
Uccello le cui penne splendono come il fuoco, le quali
con il suo splendore, insegnano la strada alli passeg-
gieri per quelle Campagne quando sono dubbi del-
le strade. Così anchora fa mentione Aeliano degli
spondili, de generi de Pesci Orostacei, e d'Ostreche
e di molte cose maravigliose di Mare, et di terra,
alle quali gli è stato messo nome dal splendore che
fanno. Spesso provediamo che nell'acqua del Mare
sbattuta con le mani, vi si vede alcune scintille, che
paiano di fuoco, Ioseffo dice, che nella valle la quale
s'adomanda Baraas v'è un luogo che splende di splen-
dore di fuoco. Così Nittegro, il quale molto l'ammi-
rava Democrito. Ancora le radici della querce secchis-
sima e marcia, la notte mostra un colore di argento.
Il Carbonchio la notte fa lume, e finalmente sono mol-
te cose per testimonianza degli antichi scrittori le
quali la notte fanno lume. Ma secondo l'ordine inse-
gnarò a cavare un liquore, mediante il quale poi si
possa havere più chiaro lume, accio si possa vedere la
notte.
L'essempio, le lucciole di notte fra tutti li altri


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