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Biblia, Gn » Della Porta, Giovan Battista Della fisonomia dell'uomo - p. 550

Della Porta, Giovan Battista

Della fisonomia dell'uomo


Polemone. Largo nel petto e d'intorno le coscie. Di buona barba.
Ma perché potria dubitarsi se parla della carne o de' peli, come altro-
ve abbiamo ancor ragionato, Polemone aggionge: di densa barba. Una
ghirlanda di capelli che vien giù dalla testa. Polemone gionge alcune
cose, che pur toglie da Aristotele da diversi luoghi. Le spalle larghe.
La faccia ritonda. Le ciglia roverscie. Le nari concave. Noi ag-
giongiamo altri segni, che abbiamo tolti da loro. La fronte circolare;
over rugosa, che declina nel mezzo. Le ciglia che arcate si estendono.
Le tempie gonfie, piene di vene. La cima del naso acuta. Il color del-
la carne di mèle. Li denti acuti, dritti. La voce grave, grande et intri-
cata; over acuta e gagliarda; over che comincia dal grave e finisce in
acuto. Il collo grosso e pieno; over grosso e lungo; over grosso e gras-
so, pieno di vene sanguigne. Il petto di color di fiamma. Che si serve
dell'una e dell'altra mano. La lingua veloce. La gola aspra e l'osso
prominente. Che nel parlar move li diti. Gli occhi sanguigni; over i
cerchi di varii colori negli occhi aspri; over fermi; che muovono le
ciglia e sospirano; overo rosseggianti e grandi, che mirano sotto; o
che si muovano come se volessero balzar fuori, grandi, splendenti e
lucidi. Fingono i Poeti che Marte sia nato in Tracia, dove sono uo-
mini sanguigni e caldi, amici di sparger sangue e di battaglie; e per
essere abondanti di sangue sono ghiottoni, imbrianchi, senza consi-
glio, precipitosi, pieni di clamori, di furie; che non disiano cosa se
non per mezzo del sangue, e che sprezzano le ferite. Le quali cose si
convengono a Marte. Dicono che la sua Reggia sia circondata di ven-
ti, tempeste, nembi e grandini per depinger li rumori, le rabie, li fu-
rori et i tumulti della guerra; la casa di ferro, per agitarnesi col ferro
le battaglie. Fingono ancora Tesifone per l'ira.
E la descrive Ovidio così:
Non tarda allor Tesifone; ma toglie
Senza tardar la face, già bagnata
Tutta di sangue, e si ripon la veste
Di sanguigno color, si cinge intorno
Di velenosa serpe, et esce fuori
Della casa, et il Pianto ha per compagno,
La Paura, il Terror che va con lei,
La Pazzia con volto assai tremendo.

Fulgenzio chiama Tesifone quasi, cioè voce d'ira; la quale avendo
il petto già ripieno e gonfio, quasi accesa face viene al sangue, e
dipinge la faccia dell'irato; va accompagnata dal terrore, che gli irati
vengono in gran terribilità; et è cinta di serpi che dinotano crudeltà.
Assomigliarei io questi gonfi d'ira ad un animale, che iratosi gonfia
tutto; che è il Rospo. Scrive Aezio che è animal iracondissimo, e se
piglia alcuna cosa a morso, più tosto che lasciarla, si lascia morire.


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