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Aristoteles - Meteorologica » Della Porta, Giovan Battista Della fisonomia dell'uomo - p. 625

Della Porta, Giovan Battista

Della fisonomia dell'uomo


aveva occupato l'animo di Faustina. Era questa Faustina figlia di An-
toni<n>o Pio Imperatore e moglie di Marco Imperatore Filosofo; la
quale era innamorata di un gladiatore. Marco Imperatore, chiamati
questi Caldei e Matematici, espose loro il bisogno; i quali con bellissi-
mo e maraviglioso artificio la liberaro di questa peste di amore. Prima
occisero quel gladiatore che ella molto amava, e li fecero bevere il
suo sangue e poi congiongersi con suo marito; e così fu liberata e gua-
rita da quella amorosa infirmità; e da quel congiongimento che fé col
suo marito ne nacque Commodo, il quale afflisse il Romano Imperio
con sì crudeli e sanguinosi fatti, e fu tanto amico di sangue che con
grandissima ragione gli posero nome Gladiatore. Noi in altri luoghi
abbiamo assegnate altre cagioni di questo amore. I gioveni hanno il
sangue sottile, chiaro, caldo e dolce, e tali sono gli spiriti che da lui
nascono; e perché son puri, caldi e leggieri, volano nella più alta parte
del corpo et escono per gli occhi; e con quel spirito si manda
insieme una certa virtù focosa, e gionge insino agli occhi di chi s'in-
contra, e trapassandogli per mezzo, cercan quella primiera sede
donde si partirono e onde son nati, che è nel cuore; onde se ne van-
no nel cuor del ferito; et essendo sui margini del cuore, si costringe
di nuovo in sangue; questo sangue qui forastiero infetta tutto il re-
stante sangue; onde il misero inferma, e tanto li dura quella infirmità
quanto la forza di quello infetto sangue gli dura nelle membra. Che
sia vera infirmità del sangue si conosce a questo, che la febre è conti-
nua e non mai intermittente; perché se fosse accesa nella collera gial-
la, o nella pituita, avria qualche requie per i suoi intervalli. E per
questo l'imagine della bellezza dell'amata donna sempre risiede nel
cuore, e vuol ritornare donde partissi, come veggiamo ne' feriti e ne'
morti, che essendo presente l'occisore, si muove, boglie e vuol saltare
nel suo volto. Lucrezio esprime questo molto elegantemente:
Questi cerca quel corpo onde è ferito
D'amor, che cadon tutti in la ferita,
E cerca il sangue quella parte istessa
Onde la prima volta fu ferito.

Questo ancor espresse Apuleio. Di questo amore questi sono i giovevoli
rimedii. Attendasi quanto si può a cacciar fuori questo peregrino umore
o sangue, o sudore, buttando ancor fuori abondevolmente ogni escre-
mento; acciò che insieme con loro vadi fuora ogni nocevole spirito.
Giova molto attendere alle battaglie di Venere. L'istesso Lucrezio:
E buttar quell'umor nel corpo chiuso
In altri corpi; né dell'altrui amore
In sé tener quel conceputo seme,
Né servar quel pensier o quel dolore,
Che la ferita più rinverde e invecchia


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