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Biblia, Act » Livius, Titus - Ab Urbe condita » Alighieri, Dante Monarchia - p. 404

Alighieri, Dante

Monarchia


vanni
lasc<i>andoci la forma della sua vita, disse: «Dato
v'ò lo essenpro, che ·ccome io ho fatto, così e voi facciate
».
E spetialmente disse a Piero, poiché ·llo huficio del pastore gli
ebbe commesso, come in Giovanni si leggie: «Piero, se-
guita me
». Ma Cristo in presenza di Pilato questo regnio
dineghò, dicendo: «E ·regnio mio nonn–è di questo mondo;
se ·regnio mio di questo mondo fussi, e ministri miei conbat-
terebbono che da' G<i>udei non fussi preso; ma hora qui non
è el regno mio
». Non s'intende questo così, che Cristo, che
è Dio, non sia di questo regnio signiore, perché dicie el salmo
così «D'Iddio è il mare e lui lo fece, le sue mani fondarono
la terra
»; ma disselo come exenpro della chiesa, che ·ccosì
nonne aveva chura di questo regno, in tal modo come se uno
subgello d'oro di sé parlando dicesse 'io non sono misura in
genere alcuno'; el quale detto non ha luogho in quanto egli è
horo, perch'egli è misura del genere de' metalli, ma in quanto
egli è un certo segnio che ·ssi può ricevere per inpressione
formale. Adunque egli è huficio della chiesa dire et intendere
quel medesimo: ma dire ho intendere l'opposito è contrario
alla forma, come è manifesto, et alla natura sua, che è quel
medesimo. Di qui apparisce che ·lla virtù del dare autorità a
questo regnio è contro alla natura della chiesa, perché la con-
trarietà nella hoppenione et nel detto seghuita della contra-
rietà ch'è nella cosa detta e hordinata, come 'l vero et el falso
dall'essere della cosa ho dal none essere nello 'ntelletto proc-
cede, secondo e Predicamenti. Sofficientemente per gli ar-
gumenti sopradetti, riducendo quello ch'è oppenione 'ad in-
conveniente', abiamo provato l'autorità dello inperio dalla
chiesa non dipende<re>.


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