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Plato - Symposium » Bruno, Giordano Furori - p. 832

Bruno, Giordano

De gli eroici furori


della raggione. È pur cosa vituperosa che quella tiran-
negge su la legge di questo, massime dove l'intelletto è
più peregrino e straniero, et il senso è più domestico e
come in propria patria. — Ecco dumque, o miei pensie-
ri, come di voi altri son ubligati di rimanere alla cura di
casa, et altri possono andar a procacciare altrove. Que-
sta è legge di natura, questa per conseguenza è legge
dell'autore e principio della natura. Peccate dumque or
che tutti sedotti dalla vaghezza de l'intelletto lasciate al
periglio de la morte l'altra parte di me. Onde vi è nato
questo malencolico e perverso umore di rompere le cer-
te e naturali leggi de la vita vera che sta nelle vostre ma-
ni, per una incerta e che non è se non in ombra oltre
gli limiti del fantastico pensiero? Vi par cosa naturale
che non vivano animale et umanamente, ma divina, se
elli non sono dèi ma uomini et animali? È legge del fato
e della natura che ogni cosa s'adopre secondo la condi-
zion de l'esser suo: per che dumque mentre perseguitate
il nettare avaro de gli dèi, perdete il vostro presente e
proprio, affligendovi forse sotto la vana speranza de l'al-
trui? Credete che non si debba sdegnar la natura di do-
narvi l'altro bene, se quello che presentaneamente v'of-
fre tanto stoltamente dispreggiate?
Sdegnarà il ciel dar il secondo bene
a chi 'l primiero don caro non tiene.

Con queste e simili raggioni l'anima prendendo la cau-
sa de la parte più inferma, cerca de richiamar gli pensieri
alla cura del corpo. Ma quelli (benché al tardi) vegnono a
mostrarsegli non già di quella forma con cui si partiro, ma
sol per dechiarargli la sua ribellione, e forzarla tutta a se-
guitarli. Là onde in questa forma si lagna la dolente:
Ahi cani d'Atteon, o fiere ingrate,
che drizzai al ricetto de mia diva,
e vòti di speranza mi tornate;
anzi venendo a la materna riva,


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