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Tucidides - Historiae » Bruno, Giordano Furori - p. 954

Bruno, Giordano

De gli eroici furori


con tali accenti accompagnand'il pianto:
«Or dumque s'a voi piace, o nobil maga,
che zel di gloria forse il cor ti punga,
o liquor di pietà il lenisca et unga,
farti piatosa a noi
co' medicami tuoi,
saldand'al nostro cuor l'impressa piaga;
se la man bella e di soccorrer vaga,
deh non sia tanto la dimora lunga
,
che di noi triste alcun a morte giunga
pria che per gesti tuoi
possiam unqua dir noi:
tanto ne tormentò, ma più ne appaga».
E lei soggiunse: «O curiosi ingegni,
prendete un altro mio vase fatale,
che mia mano medesma aprir non vale;
per largo e per profondo
peregrinate il mondo,
cercate tutti i numerosi regni:
perché vuol il destin che discuoperto
mai vegna, se non quando alta saggezza
e nobil castità giunte a bellezza
v'applicaran le mani;
d'altri i studi son vani
per far questo liquor al ciel aperto.
All'or, s'avvien ch'aspergan le man belle
chiumque a lor per remedio s'avicina,
provar potrete la virtù divina:
ch'a mirabil contento
cangiand'il rio tormento,
vedrete due più vaghe al mondo stelle.
Tra tanto alcun di voi non si contriste,
quantumque a lungo in tenebre profonde
quant'è sul firmamento se gli asconde:
perché cotanto bene
per quantumque gran pene
mai degnamente avverrà che s'acquiste.
Per quell'a cui cecità vi conduce,
dovete aver a vil ogni altro avere,


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