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Biblia, Eph » Boccaccio, Giovanni Geneologia degli Dei - p. 98v

Boccaccio, Giovanni

Geneologia degli Dei. I quindeci libri di M. Giovanni Boccaccio ... tradotti et adornati per Messer Giuseppe Betussi da Bassano


mostrare alcuni de' suoi effetti, percioché per lo carro si deve intendere la volubilezza de-
gli ebbri. I Linci, cioè i lupi cerveri, a quello sono attribuiti per dar ad intendere che il vi-
no, pigliato moderatamente, cresce l'ardire et la vista. Le Tigri traheno il carro per di-
notare la crudeltà degli ubbriachi, perché il carico di vino non perdona a nessuno. Indi lo
segueno i pazzi et temerari, di sorte che senza consideratione andrebbono in ogni perico-
lo; i quali intendo che siano que' fieri lupi et rabbiose orse che nella preda di Baccho so-
no portate. Che poi facilmente s'adirino et indi vengano in furore, chiaramente egli si
vede; et così non sono accompagnati da sobrio ardore. Timidi ancho sono i vinolenti, per-
ché, perduto il dritto giudicio di ragione, spessissime volte temeno cose da non temere. La
Virtù poi per qual ragione si aggiunga al carro di Baccho, è stato toccato dove havemo
detto dei Linci. Gli instabile gradi sono annoverati tra i compagni di Baccho per designa-
re il vacillar degli ebbri, i quali caminano con tanta instabilità che di continuo paiono ca-
dere. Si aggiunge che Baccho ha gli steccati simili a quelli dei re, et non immeritamente,
percioché, se veggiamo le hosterie, vedemo ivi i tabernacoli di frondi, le tavole apparecchia-
te, i cibi da mangiare et i vasi col vino; indi vi si veggono persone tumultuose et piene
di risse, le quai cose tutte sono simili ai campi degli esserciti dei re. È cosa ancho possibi-
le che Baccho appresso Greci fosse il primo che piantasse la vigna et ne cavasse il vino,
conciosia che molto prima havemo per cosa chiara che Noé fece questo appresso gli He-
brei. Nondimeno alcuni dicono che Baccho non piantò la vite, ma che ritrovò l'uso del
vino da Thebani non conosciuto, et che il congiunse con altri vari licori accioché fosse più
dilettevole; il che, perché parve maraviglioso, appresso i rozi fu prima tenuto Iddio del
vino. Oltre ciò dicono l'hedera essere sacrata a lui, cred'io perché, sì come le viti mandano
fuori i loro pampani et uve, così ancho l'hedera manda fuori i suoi racemi torti et i frut-
ti simili alla vite, et appresso ancho perché l'hedera è sempre verde, per la cui si viene a
dinotare la perpetua gioventù del vino; il quale mai non s'invecchisse, anzi quanto è di
più tempo, tanto ha maggior possa. Di questa ancho furono soliti già coronarsi i poeti,
percioché per la facondia sono sacrati a Baccho, et affine di mostrare l'eternità dei ver-
si. Il crivello poi è dedicato a lui con ragione misteriale, percioché dice Servio i sacrifici
di Baccho appartenersi alla purgatione dell'anima, sì come per lo crivello si purgano i fro-
menti. Furono nondimeno di quelli che vollero queste purgationi farsi dagli huomini vi-
venti per estrema ebrietà, la quale è il sacrificio di Baccho, affermando che se alcuno di-
venisse tanto ebbro che fosse sforzato vomitare, che dopo il passato stupore del cervello
l'animo spogliato di noiosi pensieri resta tranquillo. Alla cui openione pare che Seneca
in quel libro ch'egli scrisse della Tranquillità dell'Animo s'accosti. Vollero poi che Mar-
sia fosse locato sotto sua difesa perché fu audace, anzi temerario contra Apollo; per la qual
temerità intendo la loquacità dei vinolenti che tende verso ciascuno, per la cui alla presen-
za degli ignoranti spesse volte i prudenti dai rozi paiono restar confusi. I quali non aver-
tiscono che l'oratione di questi tali non è fatta con ordine alcuno, ma a guisa di Satiro, co-
me fu Marsia, qua et là va saltando et vacillando. Finalmente nel conspetto dei dotti et sag-
gi spogliato Marsia, cioè scoperta la prosontione dei riscaldati, si rivolge in folgore, cioè


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