BIVIO: Biblioteca Virtuale On-Line
Seneca, Lucius Annaeus - Medea » Boccaccio, Giovanni Geneologia degli Dei - p. 99v

Boccaccio, Giovanni

Geneologia degli Dei. I quindeci libri di M. Giovanni Boccaccio ... tradotti et adornati per Messer Giuseppe Betussi da Bassano


la sua pueritia, attento che i fanciulli sono senza peli. Riformator dell'uva è detto,
perché fu il primo che piantò la vite. Nittilo poi perché fa venir la notte, cioè le tenebre
ai sensi. Eleo da Elea, città dove grandemente era riverito. Hiaco, perché fa venire il sin-
ghiozzo agli huomini. Ehuan poi è una interiettione di lodar Baccho, et significa buon
fanciullo. Briseo (secondo Alberico) perché fu il primo che cavò il vino dall'uva; overo
briseo, quasi hirsuto, cioè superbo. Onde di qui fu detto ch'egli in Grecia hebbe due sta-
toue, una hirsuta chiamata Brisei, et l'altra delicata nomata Lenea. Fu detto Bassareo
dalla qualità delle vesti usate dalle ministri ne' suoi sacrifici; di che tali ministre erano
chiamate Bassaride. Si dice poi padre Libero perché pare ch'apporti libertà agli huo-
mini, percioché ancho i servi ubbriachi, mentre che quella ebrietà dura, istimano haver
rotto i legami della servitù. Oltre ciò libera dai pensieri, et ci rende più securi nelle esse-
cutioni; rende liberi i poveri dai bisogni; inalza ancho gli abbattuti in alto. Et dice Al-
berico che nel principio dell'edificationi delle città, facendosi per buon augurio sacrificio
agli altri dei, si facevano ancho al padre Libero, accioché conservasse la libertà alla futu-
ra patria. Oltre questo, tutte le città ch'ubbidivano a' Romani Imperatori del mondo era-
no o tributarie, o confederate, overo libere. Nelle città libere adunque in segno della li-
bertà v'havevano il simulacro di Marsia, il quale habbiamo detto di sopra essere in pro-
tettione del padre Libero. Appresso fu in costume a' Romani dare la toga libera ai gio-
vanetti nelle feste liberali, per dinotare la vita più libera conceduta per l'avenire; i cui sa-
crifici (dice Servio) furono prima transferriti a Roma da Giulio Cesare, ne' quali s'im-
molava un capro; et questo si faceva perché alle volte le caprette guastavano i racemi
delle viti crescenti. Dice Marco Terentio Varrone, dove tratta dell'Agricoltura, che i ca-
pri a lui sono sacrificati come ad inventore della vite, accioché col supplitio del capo pati-
scano le pene. Ma io non istimo che questi sacrifici fossero prima trasferiti a Roma da
Giulio Cesare, ma che si debba intendere di quel Padre Libero del quale pare c'habbia
voluto Cicerone, mentre trattando delle Nature dei Dei scrisse: Io dico questo Libero nato
di Semele, et non quello che i nostri maggiori santamente et altamente giudicano Li-
bero.
Et quello che segue. Il quale io istimo, secondo l'openione di Macrobio, essere il So-
le, da loro tenuto per padre di tutte le cose, et di qui detto padre Libero. Et così penso
ancho haver inteso Virgilio, quando dice:
Tu Libero, et tu insieme Cerere alma
Che l'anno per ciel guidate intiero.

Et quello che va dietro; percioché Baccho non è quello che conduce l'anno, che gira per
lo cielo, ma il Sole. Et queste veramente furono quelle due deità che grandemente adora-
rono gli Etrusci. Ma fosse chi si volesse questo Libero, Agostino nel libro della Città d'Id-
dio
mostra dagli antichi esserli stato celebrati vituperosi sacrifici; et tra l'altre
cose dice che in suo honore publicamente s'honoravano le parti virili vergo-
gnose, di maniera che nei festivi giorni di Libero il membro virile si porta-
va diritto nella città con parole sceleratissime, conceduta ogni licenza. Indi con-
dotto per tutta la città et per le piazze, il mettevano al suo loco statuito; fatto
questo, la più honesta donna madre di famiglia che fosse tenuta nella città il co-


pagina successiva »
 
p. 99v