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Plautus, Titus Maccius - Curculio » Boccaccio, Giovanni Geneologia degli Dei - p. 118v

Boccaccio, Giovanni

Geneologia degli Dei. I quindeci libri di M. Giovanni Boccaccio ... tradotti et adornati per Messer Giuseppe Betussi da Bassano


Gli antichi et moderni Poeti predicano che Enea fu figliuolo d'An-
chise et Venere. Questi, benché molto sia inalzato per li versi d'Home-
ro, nondimeno per la riverenza di quelli di Virgilio è celebrato così fa-
moso in armi et di pietate che non solamente da' Greci è preposto ai
barbari, ma agli altri Latini. Così vuole la fortuna del mondo, Achil-
le hebbe Homero et Enea Virgilio, pieni di tanta eloquenza ch'a tal
comparatione l'avanzo de' mortali paiono non lodati, benché al tempo nostro si leva et in-
alza Scipione Africano con non minor gloria, ma sì bene con maggior giustitia condotto
fino sopra le stelle per li versi del celebratissimo Francesco Petrar-
cha, poco inanzi coronato in Roma delle insegna d'Alloro. Con tanta facondia et
eleganza di parlare egli è guidato inanzi che, come quasi guidato fuori delle tenebre
d'un lungo silentio, paia portato in grandissima luce; di che punto ei non invidierà né ad
Achille né al figliuol d'Anchise. Enea adunque, sì come poco inanzi è stato detto, nacque
di Anchise et Venere appresso il fiume Simoenta, et già essendo d'ettà provetto hebbe
per moglie Creusa figliuola di Priamo et Hecuba, la quale gli partorì Ascanio. Scriveno
alcuni che, andando Paris in Grecia per rapir Helena, che Enea gli fu compagno. Final-
mente havendo i Greci assediato Troia, et sforzandosi con molti assalti pigliarla, egli più
volte uscì fuori a combattere, et tra l'altre una s'affrontò con Achille; dove essendo in
grandissimo pericolo, sì come nella Iliade dice Homero, Nettuno parlò verso i dei et gli
pregò che togliessero dalle mani della morte Enea, accioché tutta la stirpe di Dardano
non perisse. Il che da Giunone, ch'era molto contraria a' Troiani, gli fu conceduto ch'egli
potesse fare; et così alhora per opra di Nettuno Enea fu tolto dalle mani d'Achille, et
(sì come nel medesmo loco tocca Homero) serbato all'Italia. Tuttavia, se bene Enea oprò
molti degni fatti per Troia, secondo alcuni fu notato d'infamia che tradisse la patria,
et tra l'altre cose si piglia argomento che, salvo, con il figliuolo et con i navili et una
parte di genti fu lasciato partire, essendosi usato crudeltà quasi contra tutti gli altri. Non-
dimeno altri dicono che ciò gli fu conceduto in dono perché continuamente il suo palaz-
zo fu l'alloggiamento di tutti gli ambasciadori greci che vennero a Priamo, et perché
ancho sempre nei consigli dei Troiani disse ch'era cosa dannosa ritener Helena, et gli per-
suase a restituirla. Ma fosse come si volesse, Virgilio dice che presa Troia, essendosi egli
indarno molto affaticato per difender la patria, tolti i dei pennati che Hettore in sogno
apparsogli gli havea raccomandati, et il vecchio padre et il picciolo figliuolo, mostran-
dogli la madre dea la strada se ne venne al lito, et ivi tolte venti navi con le quali già
molto prima Paris era andato in Grecia, entrò nel mare et passò in Thracia. Dove avisa-
to da Polidoro ritrovato sepolto nel lito ch'egli fuggisse l'avaro lito, edificò una città
chiamata dal suo nome Enea; della quale Tito Livio nel quarantesimo libro ab Urbe Con-
dita
fa memoria dicendo che Enea Troiano edifico già Enea città vicina a Thessaloni-
ca. Et in questo modo di lei scrive: Si partono da Thessalonica, et vanno ad Enea per esse-
quire lo statuito sacrificio che ogni anno fanno con gran cerimonia in memoria
d'Enea, di quella edificatore.
Et quello che segue. Indi con le navi essendo di


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