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Plato - Phaedo » Boccaccio, Giovanni Geneologia degli Dei - p. 134r

Boccaccio, Giovanni

Geneologia degli Dei. I quindeci libri di M. Giovanni Boccaccio ... tradotti et adornati per Messer Giuseppe Betussi da Bassano


ra, essendo bellissima giovane et donzella, amata; il quale seguendo lei che fuggiva,
ella con preghi agli dei rivolta per loro misericordia fu in Lauro conversa, et
indi da Phebo per ornare le sue cettre et le pharetre pigliata. Per la qual fa-
vola (s'io non m'inganno) si tocca la ragione naturale. Per Dane si deve inten-
dere l'humidità, la quale procede da esso Peneo d'intorno la riva d'esso fiume, on-
de fu detto Apollo essersi inamorato di lei percioché con il calore de' suoi rag-
gi la leva in alto, et alle volte la risolve in aere; et però l'humidità, sì come naturalmen-
te aviene che ciascuna cosa fugge et rifiuta quello per lo quale dall'essere al non essere
è condotta, conduce sé all'intrinseco della terra. Ivi adunque non potendo Apollo gui-
darla molto, opra in lei il suo potere, et abondando quel paese di semente de' Lauri fa
nascere allori; et così Dane cioè l'humidità figliuola di Peneo è pure conversa in Lauro.
Ma egli e da vedere la ragione perché le loro frondi fossero da Apollo dicate alle sue
cettre et Pharetre, la quale può essere tale. Fu antichissimo costume de' Greci secondo le
qualità degli abbattimenti, che nelle loro solennitadi erano diversi, tra gli altri doni
con corone di frondi honorare i vincitori, et tra gli altri come più degno celebrandosi l'
agone di Phitone in memoria del vinto Phitone da Apollo, con maggiore cura et dili-
genza al vincitore si donava la ghirlanda d'alloro. Medesimamente si concedeva a'
Poeti, et spetialmente a quei che in versi heroici sacravano a perpetua memoria i fatti
degni dei passati maggiori, percioché pareva che questi tali senza la facondia d'Apol-
lo non potessero comporre così sublimi versi, onde sì come per la pharetra d'Apollo
volevano designare l'arco et gli strali, così per la cettra i Poeti; et di qui fu detto le cet-
tre et le pharetre d'Apollo ornate di Lauro. Il quale costume poscia pervenne con uni-
versale gloria delle cose fino a' Romani, et da loro tanto fu istimato che solamente a
quelli a' quali era conceduto il triompho era ancho data la corona d'alloro, eccetto i
Poeti i quali vinta la lodevole fatica ne fossero giudicati degni; il che il famoso huomo
Francesco Petrarcha, al quale non è molto che fu conceduto tan-
to honore, nelle Epistole dimostra, dicendo:
Le corone di fiori alle donzelle.
Quello d'alloro dannosi a' poeti,
Et tali anchora ai Cesari si danno,
Onde a l'uno, et a l'altro è gloria pare.

Né stava in potere d'alcuno di bassa conditione tale auttorità, ma solamente
di ciò il Senato solo poteva disporre, la quale potenza poi gli è stata sì come l'altre
cose dai Prencipi levata. Qual ragione poi movesse gl'inventori a ricercare tal co-
stume, ciò non è nascosto. Dice Isidoro et Rabano che Lauro è detto da laude, per-
cioché anticamente l'alloro si chiamava Laude; onde perché i vincitori per li quali era
conservata et accresciuta la Republica, et i poeti per li quali i meriti degli huo-
mini con maravigliose lodi erano inalzati, erano ornati di frondi che di-
notavano laude. Oltre ciò questo arbore sempre verdeggia, accioché per lo suo
verdeggiare si dimostra la fama dei buoni meriti perpetuamente essere verde; et
perché è solo tra tutti securo dal folgore, così il verde della gloria di que-
sti tali non può essere offeso dal folgore dell'invidia. Appresso, questo arbore


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