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Biblia, 2 Tim » Boccaccio, Giovanni Geneologia degli Dei - p. 145r

Boccaccio, Giovanni

Geneologia degli Dei. I quindeci libri di M. Giovanni Boccaccio ... tradotti et adornati per Messer Giuseppe Betussi da Bassano


quali sempre, perché sono serbate con più aveduta guardia, i libidinosi ricercarono; ove-
ro perché senza fuoco cioè calore giaccia Priapo. Oltre ciò dicono che la faccia di co-
stei non fu mai veduta, il che dicono accioché fia inncognita, percioché se vedemmo la fiam-
ma, quale effigie diremmo c'habbia? Dice appresso Agostino che alle volte gli antichi
hanno chiamato Vesta Venere, il che, benché paia cosa dishonesta col nome d'una mere-
trice macchiare una donzella, questa fittione ha potuto havere qualche ragione. Diciamo
che quelli che scendeno all'atto venereo incorreno nel foco, come dice Vergilio:
Incorreno in furore, et foco ardente
cioè in lussuria, adunque, et questo calore dalla simiglianza potrà esser detto Vesta.
Né ciò in tutta sarà dal senso di questa fittione contrario dicendo noi Vesta essere figli-
uola di Saturno, cioè della satietà; dalla quale satietà non meno nasce il foco venereo
che il pudor verginale. Costei fu molto riverita da' Romani, et nel suo tempio ammini-
strandovi donzelle vi serbavano il foco perpetuo, il quale con grandissima cerimonia
ogni primo giorno di Marzo rinovavano; et tra l'altre cose questo tale sacrificio heb-
bero da' Troiani.
Cerere, terza figliuo-
la di Saturno et madre di Proserpina.
Cerere, differente dalla detta di sopra, fu notissima dea delle bia-
de et figliuola di Saturno et Opi, sì come è stato per li versi d'Ovi-
dio mostrato. Dicono che costei piacque a Giove suo fratello, et di
lui hebbe Proserpina; la quale essendole stata rapita da Plutone, né ri-
trovandola Cerere, dicono ch'ella accese due facelle, et con grandis-
simi gridi la cercò per tutto il mondo. Finalmente giunta alla Palu-
de di Ciane, et per ira havendo rotto i rastri, gli arati et gli altri rusticali instrumen-
ti che s'appartengono al coltivar la terra ivi da lei ritrovati, a caso ritrovò la cinta del-
la figliuola, et dalla Nimpha Aretusa che l'havea veduta fu certificata ch'era nell'Infer-
no. Onde innanzi a Giove essendosi lamentata dell'ardire di Plutone, da Giove le fu ordi-
nato che dovesse mangiar del papavero; il che havendo ella fatto et essendosi adormen-
tata, poscia che si svegliò hebbe in gratia da Giove che potesse rihavere la figliuola,
pur che quella nell'Inferno non havesse gustato alcuna cosa. Ma per l'accusa d'Ascalapho
fu ritrovato che Proserpina havea gustato tre granella di melegrane del giardino di
Plutone, là onde Giove per mitigare il dolore di Cerere sententiò che sei mesi dell'anno
Proserpina dovesse stare col marito, et altrettanti in terra con la madre. Narrano ap-
presso, et tra gli altri Lattantio, che Cerere cercando la figlia et essendo giunta al Re
Eleusio, di cui era moglie Hiona c'havea partorito un picciolo figliuolo nomato Tritto-
lemo, et cercandoli una baila, Cerere si offerse nutrice al fanciullino; et essendo rice-
vuta, volendo fare l'allievo immortale alle volte col latte divino il nodriva, et di notte
col foco l'abbrugiava; là onde altrimente che non erano soliti i mortali il fanciullo cre-
sceva. Della qual cosa maravigliandosi il padre, segretamente si dispose vedere nel tem-


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