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Seneca, Lucius Annaeus - Phaedra » Boccaccio, Giovanni Geneologia degli Dei - p. 147v

Boccaccio, Giovanni

Geneologia degli Dei. I quindeci libri di M. Giovanni Boccaccio ... tradotti et adornati per Messer Giuseppe Betussi da Bassano


con la quale è guidato overo cacciato l'ingordo. Il secondo è detto Abastro, che suona l'istes-
so che fa nero; accioché si conosca il merore di quello che discorre, et la tristezza et
le paure circa i pericoli che quasi sempre vi stanno intorno. Il terzo si noma Novio, il
qual vogliono che significhi tepido; accioché per lui consideriamo che per lo timor dei pe-
ricoli alle volte il ferventissimo ardore d'acquistar s'intepidisce. Il matrimonio poi di Pro-
serpina, la quale di sopra habbiamo detto abondanza, non è dubbio nessuno che non si faccia
con i ricchi, et spetialmente secondo il giudicio del volgo, del quale la openione spesse volte è
falsa. Veramente per lo più eglino istimano, quando veggiono i granari di ricchi pieni, ivi
esser l'abondanza, et dove è la fame et la caristia ivi la povertà, così procurando l'avaricia.
Di questo tale matrimonio non si genera nessuna cosa lodevole, né degna di ricordo. Cerbe-
ro, sì come alcuni istimano, fu vero cane, et detto da tre fauci percioché nel latrare era fe-
rocissimo, mordente et molto tenace. Nondimeno gl'antichi (secondo il mio giudicio) ten-
nero che altri sensi fossero riposti sotto questa verità, attento che è finto guardiano di Di-
te; et devendosi in loco di Dite intender le ricchezze (sì come è stato mostrato) dirittamen-
te non diremo che nessuno di quelle sia custode eccetto l'avaro, et così per Cerbero si de-
ve intender l'avaro, al quale però descrissero tre fauci, overo capi, per dinotar la triplice spe-
tie degl'avari. Sono di quelli che disiano l'oro et si ritirano ad ogni guadagno, benché
dishonesto et illicito, per haver da consumar et spendere l'acquistato; i quali non ponno
esser chiamati custodi di ricchezze, ma sono dannosi et nocivi huomini. Sono di quelli
che con sua grandissima fatica et pericolo da ogni parte adunano ricchezze; et sia come
si voglia, acquistate che le hanno, purché le tengano, serbino et guardino, non vogliono
spenderle per sé né per altri; et questi tali sono una sorte d'huomini disutili. Sono poi di
quelli i quali non per opra sua, ma de' suoi maggiori hanno havuto et conseguito delle
ricchezze, et talmente le serbano et custodiscono che non hanno ardire toccar quella, non
altrimenti che se in deposito le fossero state lasciate; et questi da poco et tristissimi huo-
mini sono, et verissimi custodi di Dite. I Serpenti poi aggiunti a Cerbero sono i taciti et
mordaci pensieri dell'avaritia. Oltre ciò chiamarono questo Plutone Orco, sì come fa Ci-
cerone nelle Verrine, mentre dice come un altro Orco esser venuto ad Etna, et non Pro-
serpina, ma essa Cerere (pareva) haver rapito. Il quale (dice Rabano) così chiamarsi sì co-
me ricevitore delle morti, che riceveno quelli che muoiono da ogni morte. Vogliono ap-
presso che sia detto Febreo non dalla febre, come molti vanamente pensano, ma da un cer-
to sacro lustro a lui dagl'antichi ordinato, per lo quale credevano le mani esser purgate;
et questa si facea nel mese di Febraio, et di qui quel mese hebbe tal nome. Il che da Ma-
crobio nel libro dei Saturnali così è detto: Il secondo dedicò al dio Februo, il quale è tenu-
to Iddio dei lustri, percioché in quel mese era di necessità lustrare et racconciare la città;
nel quale ordinò ch'agli dei con le mani si sacrificasse.
Spedite queste cose, è necessario no-
tare quello che tenga coperta questa fittione d'historia. Di Plutone nel libro delle Divi<ne>
Institutioni
così riferisce Lattantio: Adunque veramente quello è vero che partirono il
regno del mondo, et li toccò per sorte in questo modo; che l'imperio dell'Oriente obe-
disse a Giove, et a Plutone cognominato Agesilao toccasse la parte d'Occidente; per-


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