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Plato - Cratylus » Boccaccio, Giovanni Geneologia degli Dei - p. 156r

Boccaccio, Giovanni

Geneologia degli Dei. I quindeci libri di M. Giovanni Boccaccio ... tradotti et adornati per Messer Giuseppe Betussi da Bassano

Volando tuttavia le piume scuote
Con vario mormorar talhor Timore,
Et talhor grand'ardire a molti dando.
Guida della carretta è poi Bellona
Di lui sorella, che con l'hasta, et sproni
Discinta i crini i suoi cavalli punge.

Et quello che va dietro. Vogliono appresso che questo così crudele et sanguignoso Dio
fosse inamorato, et tra l'altre amasse Venere moglie di Vulcano, et che con lei si congiun-
gesse; del cui Homero nell'ottavo dell'Odissea recita favola tale. Dice egli che Marte
amò grandissimamente Venere, con la quale congiungendosi avenne talhora che fu vedu-
to dal Sole et accusato a Vulcano marito di lei, il quale segretamente d'intorno il suo let-
to pose alcune catene invisibili da lui fabricate; et fingendo andare in Lenno, Marte cre-
dendolo se n'andò a ritrovare Venere, dove essendo ignudi entrati in letto, amendue da-
gl'inganni di Vulcano restarono presi et insieme legati. Onde subito comparendo ivi Vul-
cano, si diede a gridare et a ramaricarsi della ricevuta ingiuria, per la qual cosa tutti
gli dei vennero a vederli, et tra gli altri Mercurio, Nettuno et Apollo. Ma le dee per la
vergogna non vi vennero. Di che tutti gli dei ridendosi nel vederli insieme aviticchia-
ti et ignudi, solo Nettuno per loro intercesse, et tanto pregò Vulcano che humiliò quel-
lo, et fece che disciolse i legati. Oltre ciò, attribuiscono in guardia di questo fiero Dio
il Lupo, et degli uccelli il Pico, et dell'herbe la gramigna. Appresso si narrano mol-
te altre cose; le quali hora lasciando serbo al suo luogo, affine di esporre quello che
in sé contengano le dette. Gli antichi non volsero che Giove fosse padre di Marte, ac-
cioché non paresse che il figliuolo tralignasse tanto dal padre. Spesse volte habbia-
mo detto che Giove è pianeta piacevole et benigno, dove Marte è crudele et
fiero. Che Giunone poi andasse per ritrovare l'Oceano, et che s'appigliasse al consi-
glio di Flora, credo essere stato detto più tosto per colorare la ragione della origi-
ne che per altro; et perciò istimo il fiore Olenio, over nato nei campi Olenei, essere men-
struo, il qual solamente è patito dalle donne. Onde elle con la bellezza del vocabolo cer-
cano cuoprire il lezzo di quello, chiamandolo il suo fiore; il quale dice Ovidio essere det-
to nascere nei campi Olenei o perché olisse, cioè puzza, o perché scende da loco fetido. Di lui
così scrive Isodoro: La donna è solo animal menstruoso; per lo toccare del qual sangue le
biade non fruttano, i vini diventano aceti, l'herbe moiono, cadono i frutti dagli albe-
ri, il ferro si rugginisce, i rami divengono neri, et se un cane ne gusta si fa rabbioso;

et quello che segue. I cui effetti se drittamente sono considerati vedremo che Marte, così
fiero et crudel animale, non poteva essere generato da altra materia più conforma
a lui che da questa. Nel tempo di Marte, cioè di guerra, non fruttano non solamente le bia-
de, ma neancho si semina; dove suona il bellico furore le vigne s'abbandonano, et così
paiono divenir aceto; l'herbe calcate dalle correrie moiono; tutti i frutti dei terreni
vanno a male, mentre durano le violentie et ruberie; il ferro assottigliato ad
uso iniquo et scelerato consuma i metalli; si coloriscono i campi col sangue dei mor-
ti; i castelli, se sono desiderati da essere occupati per ingordigia di regnare, o per fiera
battaglia o per lungo assedio sono rovinati, et così le mura dell'ampie cittadi; et le
rocche et le fortezze vanno in polve et rovina. Adunque egli si conviene benissimo col


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