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Pseudo-Dionysius - De divinis nominibus » Boccaccio, Giovanni Geneologia degli Dei - p. 157v

Boccaccio, Giovanni

Geneologia degli Dei. I quindeci libri di M. Giovanni Boccaccio ... tradotti et adornati per Messer Giuseppe Betussi da Bassano


i suoi dishonesti congiungimenti, dai saggi viene beffato. Nettuno poi, che solo si tramette
per li prigioneri, è l'effetto contrario al fervor lascivo, col quale, sì come il foco dall'acqua,
così l'amor vergognoso è estinto; et mentre vuole, colui che patisce le catene dalla ragio-
ne viene disciolto. Gli è poi attribuito il carro, perché anticamente i combattenti usavano le
carrette. Il lupo poi gli fu dedicato per esser animale rapace et ingordo, affine di mostrar
la insatiable ingordigia di quelli che seguono gl'esserciti. Il pico poi gli è attribuito at-
tento che per lo più gl'huomini da guerra sono intenti agli auguri et portenti, et perché d'ogni
cosa che occorra subito pigliano augurio; overo, sì come il Pico col percuoter continuo del
rostro penetra fino nelle quercie, così i combattenti con i continui assalti et abbattimenti di guer-
re penetrano le mura delle cittadi. La gramigna poi a lui sacrata (secondo Alberigo) è percio-
ché, sì come Plinio dice, questa herba si genera di sangue humano, onde i Romani facendo
guerra et volendo sacrificar a Marte li drizzavano un altare ornato di gramigna. Il che
io istimo da farsi beffe, cioè che la gramigna nasca di sangue humano, ma tengo che ciò al-
trove habbia havuto origine; conciosia che essendo avezzi gl'huomini da guerra più volen-
tieri accamparsi nei luoghi aperti et liberi, et per ciò per lo più in luoghi ove nasce la grami-
gna, la quale a studio non viene seminata né coltivata dagl'habitatori, attento che la grami-
gna trahe a sé ogni humor della terra, et a bastanza niente overo poco ne lascia. Da' Romani
et forse dagl'antichi fu ritrovato, per dimostrar la virtù del buon guerriero, coronar quel-
li d'herba gramigna, che per forza d'armi erano entrati primi nei ripari degl'inimici.
Cupido, primo figlio di Mar-
te, che generò la Voluttà o vogliamo dir Piacere.
Cupido, secondo Tullio nelle Nature dei Dei, di Marte et Venere fu fi-
gliuolo; il quale i pazzi antichi et moderni vogliono che sia Iddio di
gran potere. Il che a bastanza si vede per li versi di Seneca Tragico,
che di lui nella Tragedia d'Hippolito dice:
Indi col suo potere
Può far, ch'i dei celesti
Abandonino il cielo,
Et sotto altre sembianze
Venghino a stare, et habitar in Terra.
Phebo, che fu del lume
Celeste gran rettore
D'Admeto di Thessaglia
Guidò lieto l'armento
Con la fistola invece de la Lira.
Ma quante volte poi
Quel, ch'i nuvoli, e'l cielo
Guida, e governa ogn'hora
Mirando al basso in Terra
Prese sembianza in più minori forme?
Talhor movendo l'ale
Candide come neve,
Et talhora cantando
Assai più dolcemente
Che non fa il bianco cigno quando ei more.
Talvolta ancho si vide
Con l'ampia fronte oscura
Farsi benigno toro,
Et sopra le sue spalle
A diporto portar vaghe donzelle
Indi cacciarsi in mare
Sul dorso havendo Europa
Et con piedi notare.


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