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Boccaccio, Giovanni

Geneologia degli Dei. I quindeci libri di M. Giovanni Boccaccio ... tradotti et adornati per Messer Giuseppe Betussi da Bassano


Et quello che va dietro. Ne' quali versi si dimostra quanto grande sia la di lui potenza.
Né meno si mostra in quella favola che di lui recita Ovidio, dove dice ch'egli ferì Apo-
lo vincitore di Phitone dell'amore di Daphne con una saetta d'oro et Daphne con una
di piombo, affine ch'egli amasse lei et ella odiasse lui. La sua forma in tal modo descrive
Seneca Tragico in Ottavia:
Finge l'error mortal, ch'Amor sia uccello
Che è così fiero, et dispietato Dio,
Indi le mani di saette gli orna,
Con l'arco sacro, et con la cruda face,
Credendo, che di lui Vulcan sia padre,
Et che Venere l'habbia partorito.

Ma Servio il fa d'età fanciullo. Indi Francesco Barberino, huomo da non esser lasciato a
dietro, in alcuni suoi poema volgari il descrive con gl'occhi velati con una benda, con i pie-
di di Gripho et circondato con una fascia piena di cuori. Apuleio poi nell'Asino d'Oro de-
scrive quello bellissimo, che dorme, con la chioma della testa d'oro, con le tempie lattee, con
le gote purpuree, con gl'occhi cerulei, con i capelli tutti intricati in un globo et crespi che
qua et là pendevano et ventillavano, per lo cui soverchio splendor esso lume della lucer-
na di Pasiphe vacillava; per gl'homeri d'esso Iddio volatile le piume biancheggiavano di
una luce divina, onde benché l'ale fossero queste et abassate, le piume tenerine et delicate
che tremolando spuntavano inquietamente mostravano una estrema lascivia. Il resto del cor-
po era candido, molle et delicato, di tal sorte che Venere non si poteva pentir haverlo par-
torito. Oltre ciò, Ausonio con assai lunghi versi di costui recita una favola, dicendo che Cupi-
do per caso volò tra i mirti dell'Herebo, il quale conosciuto dalle Heroide donne, che per
sua cagione haveano patito supplici crudeli, dishonesti desideri et morti, fatta di loro
una squadra subito contra lui si mossero; et indarno adoprando egli le sue forze fu pre-
so et posto in croce sopra un alto mirto. Indi così pendendo, elle gli stavano d'intorno rim-
proverandogli le sue ignominie, tra le quali (dice) che vi venne Venere per rimorderlo del-
le catene di Vulcano et minacciarli crudeli penne; là onde per ciò commosse le Heroidi et
rimettendo le loro ingiurie, pregarono Venere che li perdonasse, et così il levarono di cro-
ce; et egli se ne volò al cielo. Oltre ciò riferiscono molte altre cose; le quali lasciate da par-
te, dichiareremo il senso di queste. Assai istimo essere stata cosa possibile che Cupi-
do fosse figliuolo di Marte et di Venere, et notabile per bellezza et lascivi costu-
mi. Ma di costui punto non intesero quelli che finsero; et però quale fosse quello che
hanno voluto questi tali che sia nato, tra l'openione de' maggiori è da ricercare. È adun-
que costui, il quale diciamo Cupido, una certa passione di mente apportata dalle cose este-
riori et introdotta per li sensi corporei, et approvatrice dell'intrinsiche virtudi; pre-
stando a ciò l'attitudine i sopra celesti corpi. Percioché gli Astrologhi vogliono, co-
me affermava il mio honoratissimo Andalone, che quando aviene nella natività di
alcuno che Marte sia in casa di Venere, cioè in Tauro, overo ritrovarsi in Li-
bra, et esser significatore della natività, che colui che allhora nasce habbia ad
esser lussurioso, fornicatore, essecutore di tutti gli atti venerei, et huomo scelerato di
intorno tali attioni; et però da un certo Philosopho chiamato Alii nel Comento qua-
dripartito
è stato detto che ogni volta che nella natività d'alcuno Venere insieme con


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