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Symposium » Boccaccio, Giovanni Geneologia degli Dei - p. 14r

Boccaccio, Giovanni

Geneologia degli Dei. I quindeci libri di M. Giovanni Boccaccio ... tradotti et adornati per Messer Giuseppe Betussi da Bassano


l'entrar del Sole et chiamasi crepusculo da crepero, che significa dubbio, conciosia che
pare che si dubiti se sia da concedere al giorno passato o alla notte vegnente; et questo non
diserve alla quiete. Il secondo poi, quando è oscuro, si chiama prima face, conciosia che al-
hora si accendono i lumi; né questo è commodo al riposo. Il terzo, quando la notte è già
più densa, et allhora si dice intempestiva notte, perché quel tempo non è atto a nessuna ope-
ratione. Il quinto si noma Gallicinio, conciosia che dal mezzo suo in poi, venendo la notte ver-
so il giorno, i galli cantano. Il sesto è detto conticinio, già vicino all'aurora, et così si chia-
ma perché alhora per lo più il riposo è grato, et per ciò tutte le cose stanno quete et fer-
me. Et questi quattro termini s'attribuiscono alla quiete. Il settimo si chiama Diluculo, così
detto dal giorno che già luce, nel cui tempo gl'industriosi si levano per fatti suoi; et il qua-
le non è punto atto al sonno. Et così tante sono le ruote del carro della notte quanto in lei
sono i tempi che solamente serveno al riposo. Overo vogliamo a guisa di nocchieri o di
guardie de' castelli partire la notte in quattro parti, cioè nella prima, nella seconda, ter-
za et quarta vigilia della notte. Così verremo a fare quattro ruote del carro di tante vi-
gilie. Che poi sia vestita di veste dipinta, facilmente si può vedere quella significare l'or-
namento del cielo, del quale siamo coperti. La notte ancho, come dice Papia, così si chiama
perché nuoce agli occhi, conciosia che toglie a quelli l'ufficio di vederci, imperoché di not-
te non ci veggiamo. Nuoce appresso perché è mal atta alle operationi; imperoché leggia-
mo:   Odia la luce quel, ch'opera male. Onde segue che ami le tenebre come più atte al mal
fare. Et dice ancho Giuvenale:
Per gli huomini scannar levan di notte
I ladroni,
etc.
Oltre di ciò Homero nella Iliade la chiama donatrice dei dei, accioché conosciamo che la
notte quei di grand'animo rivoltano grandissime cose nei loro petti. Nondimeno la notte, po-
co atta a tai cose, aggreva gli spiriti infiammati, et constringe quelli come domati fino alla lu-
ce. Hebbe appresso, costei, sì dal marito come da altri, molti figliuoli, come si narrerà nelle
seguenti cose.
La Fama, secon-
da figliuola della Terra.
Piace a Virgilio, poeta d'ingegno divino, la Fama essere stata figliuola della Terra,
mentre nell'Eneida dice:
Quella la Terra partorendo irata
Per sdegno de li dei, sorella estrema,
(Come dicon) d'Enchelado, et di Ceo
Generò pure
, et quello che segue.
Di costei, accioché appaia la cagione della sua origine, da Paolo è recitata tal favola; che
per ingordigia di regnare essendo nata guerra tra i Giganti Titani figliuoli della Terra et
Giove, si venne a questo, che tutti i figliuoli della Terra ch'erano contrari a Giove fossero amaz-
zati et da Giove et dagli altri Dei. Per la cui doglia la Terra sdegnata, et di vendetta ingor-
da, non essendo bastanti l'arme sue contra così potenti nemici, affine di oprare quel male che per lei si
potesse con tutte le forze, constretto l'utero suo mandò fuori la Fama, riportatrice delle scele-
rità degli dei. Poscia, di costei descrivendo Virgilio la statura et l'accrescimento, così dice:


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