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Vergilius Maro, Publius (Pseudo) - Catalepton » Boccaccio, Giovanni Geneologia degli Dei - p. 191r

Boccaccio, Giovanni

Geneologia degli Dei. I quindeci libri di M. Giovanni Boccaccio ... tradotti et adornati per Messer Giuseppe Betussi da Bassano


armati, si ritrovano disarmati. Et vorrei che, considerando succintamente quello che s'è
detto delle Muse, mi dicessero s'hanno ritrovato queste sublimi donne nei postribuli, se
hanno seco usato, se credeno Isaia, Giobbe, et altri santissimi huomini d'Iddio quelle ha-
ver guidate dalla compagnia delle meretrice per collocarle tra i Sacri Volumi. So che ne-
garebbono questi mai haver adoprato queste da loro chiamate vecchie meretrici, se a me
non fosse testimonio il sacro Girolamo interprete delle Divine Lettere; del quale, accioché
dalla loro ostinata ignoranza non possa essere travagliato, piacemi descrivere sì come
stanno nel proemio del libro di Eusebio Cesariese da lui di greco in Latino tradotto. Do-
po molte cose così dice Girolamo: Qual cosa più canora del psalterio, il quale a guisa
del nostro Flacco et greco Pindaro hora col iambo corre, hora con l'Achaio risuona, ho-
ra col saphico s'empie, et hora col mezzo piede entra? Qual cosa più bella del cantico
del Deuteronomio et d'Isaia? Qual'altra più grave di Salamone? Quale più perfetta
di Giobbe? Il che tutto con versi esametri et pentametri, sì come Gioseffo et Origene
scriveno, appresso i suoi composto corre.
Et quello che segue. Istimo che questi tali non
sapevano essere ufficio delle Muse ordinare i tempi delle voci. Non sapevano d'intorno
la scienza le Muse disporre le cose da fare. Non sapevano elle haver conceduto le sue
amministrationi agli huomini divini in accrescere la maestà delle sue lettere. Tacciano
adunque, et rabbiosi mordano sé stessi, i quali non intendendo si sforzano lacerar gli al-
tri; et noi rientriamo nel lasciato viaggio. Tengo, circa l'haver havuto le Muse contra-
sto con le Pieridi, doversi pigliar questo senso. Sono alcuni di così pazzo ardire che, non
havendo cognitione di nessuna scienza, confidandosi nondimeno nel suo ingegno ardisco-
no preferirsi ai disciplinati, né dubbitano con loro disputare; il che facendosi nel con-
spetto dei dotti non paiono a quelli scientiati, ma con una certa pazza et vana proson-
tione loquaci. Onde parendo agl'ignoranti che dicano molte cose, né però dicendone al-
cuna consonante alla ragione, né intendendo ciò che parlano loro stessi, beffati dai pru-
denti sono tenuti Piche, o vogliamo dire Gazze, le quali nel loro garrire imitano più tosto
le voci humane che l'intelletto. Et però questi tali dai scientiati essere transformati in
pichi, dirittamente ai Poeti è parso di fingere. Che poi Pirreneo le volesse imprigionare,
credo ciò non voler essere altro eccetto alcuni, per dimostrarsi impetuosi et avidi, i qua-
li sprezzate le fatiche degli studi, poscia che hanno di libri ornato le camere et a pe-
na veduto le loro coperte, come se havessero cognitione di quanto in loro si contiene han-
no ardire istimarsi poeti, overo esservi tenuti dai riguardanti. Ma essendo volate via le
Muse, le quali haveano istimato haver rinchiuse nei chiostri, se in publico le vogliono
seguire, cioè mostrar di sapere quello che non sanno, subito vanno in ruina. De' quali ne
ho io conosciuto alcuni che fatta una adunatione di libri si sono tenuti maestri, et nel
conspetto dei sapienti sono scappati. V'è ancho alle Muse consecrato il fonte Castalio,
et molti altri appresso, et questo perché il fonte limpido ha in sé proprietà di non sola-
mente dilettare gli occhi del riguardante, ma ancho di condurre l'ingegno di quello con
una certa virtù nascosta in consideratione, et spingerlo a disio di comporre. Il bosco poi
è a loro sacrato accioché per questo vegniamo a comprender la solitudine che debbono


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