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Philo Alexandrinus - De opificio mundi » Boccaccio, Giovanni Geneologia degli Dei - p. 203r

Boccaccio, Giovanni

Geneologia degli Dei. I quindeci libri di M. Giovanni Boccaccio ... tradotti et adornati per Messer Giuseppe Betussi da Bassano


impetrato di partirsi, et essendo insieme con i suoi compagni montato in nave, Net-
tuno offeso da lui, percioché combattendo gli havea morto il figliuolo Cigno et ha-
vea fatto rovinar Troia da lui edificata, et indi havea privo dell'occhio il figliuol Ci-
clope, fece che l'impeto del mare fu tale che, rotta la nave, egli fu costretto gittarsi
ignudo nell'onde. Di che Leucotoe, havendo compassione del misero abbattuto dal mare,
gli prestò il suo velo; con l'aiuto del quale il terzo giorno essendo giunto al lito, et en-
trato nella bocca del fiume de' Phenici, ributtato il velo nel mare si pose ignudo tra
le frondi dei boschi; dove ritrovato da Nausitea figliuola d'Alcinoo hebbe vesti da cuo-
prirsi. Et per opra di Pallade fu condotto fino ad Arethi moglie del Re Alcinoo, dal qua-
le meritò ricever doni, et nave et compagni che il conducessero fino in Ithacia; là onde
in nave dormendo fu da Pallade avisato di quello che dovea fare. Per la qual cosa svegliato
et smontato di nave, si transformò in un povero vecchio et andò ritrovare i suoi lavo-
ratori di villa, dove vide il figliuolo Thelemaco et parlò seco. Finalmente fu da Siboote
suo porcaio condotto nalla patria senza essere da altri conosciuto, et nella propria
casa sopportò alcune parole ingiuriose usategli dai Proci di Penelope; dove poi fu da
Eurichia sua nutrice riconosciuto. Di che Ulisse subito insieme col figliuolo et con due
di suoi lavoratori prese l'armi contra quei Proci, et dopo molto combattere gli amaz-
zò tutti; benché Theodontio dica che gli cavò gli occhi, et che gli conducesse in tanta
miseria che stavano nelle strade cercando un poco di pane per vivere. Qui, poscia che heb-
be veduta Penelope, partissi per andare in villa a rivedere il vecchio Laerte. Ultimamen-
te, secondo Theodontio, restò smarrito per molti horrendi sogni; de' quali cercando la in-
terpretatione, hebbe in risposta che si guardasse dal figliuolo. Il quale partendosi, et stan-
do in lochi rimoti et nascosti, quanto puotè si schifò dai portenti sogni. Ma finalmen-
te Thelegono, che a lui nacque di Circe, venendo in Ithacia per ritrovarlo fu cacciato dal-
la casa di lui. Di che essendo giovane forte et animoso amazzò molti di quelli che gli
contrastavano; onde Ulisse pigliando un dardo il lanciò contra quello. Ma Thelegono ha-
vendo schifato il colpo, prese quel medesimo dardo et il trasse contra il padre; per lo qual
colpo conoscendosi Ulisse vicino alla morte, dimandò a lui chi egli fosse. Onde inteso c'hebbe
il nome et la patria, conobbe che quello era suo figliuolo; per la qual cosa s'avide non ha-
ver potuto fuggire il suo destino, et così se ne morì. Ma Leontio dice ch'egli a caso fu
morto da Thelegono, che cercandolo il punse con una spina di pesce avenenata. Veramen-
te lunga è l'historia di costui, et brevemente narrata con alcune fittioni, per entro delle
quali la maggior parte per inanzi è stata esposta. Et però con poche parole veggiamo
l'avanzo. Et primieramente ciò che intendino per gli utri con i venti rinchiusi et legati
con una catena d'argento, la quale dai compagni fu sciolta. Homero nell'Odissea vuole for-
mare un huomo perfetto; et tra l'altre cose volendo dimostrare quello che dalla bontà
divina a noi nascendo è donato, dice che da Eolo, cioè da Iddio, i venti cioè concupisce-
voli appetiti sono rinchiusi in un cuoio di bue, cioè infusi nell'arbitrio dell'età virile; la
quale deve essere forte et costante, sì come è il cuoio del bue. Et questi tali sono legati con
una catena d'argento, cioè dalla famosa risonanza della chiara virtù; la quale veramente
non serba il cuoio d'alcun'altro meglio fermato che di quello che sta intento al divino


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