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Valerius Flaccus, Gaius - Argonautica » Boccaccio, Giovanni Geneologia degli Dei - p. 205r

Boccaccio, Giovanni

Geneologia degli Dei. I quindeci libri di M. Giovanni Boccaccio ... tradotti et adornati per Messer Giuseppe Betussi da Bassano


le, cioè che fosse posto in un fiume fino alla gola et che sempre fosse afflitto da continua
sete; et che chinando la bocca in quello per bere, il fiume s'andasse medesimamente allontan-
do, di maniera che non ne potesse gustare. Indi gli aggiunsero sopra il capo alberi carichi
di pomi, i quali pigliassero i rami fino alla di lui bocca; ma che volendone egli pigliare,
eglino tanto s'inalzassero quanto medesimamente s'affaticasse per prenderne. Et così avenne
che, posto tra i pomi et l'acque, continuamente vivendo in fame et sete l'infelice huom fosse
tormentato. Hora è da avertire quello che si nasconda sotto tali figmenti. Onde concedendo
ch'egli fosse figliuolo di Giove, overo o per qualche simiglianze a lui attribuito, et lasciando
da parte quelle cose che s'appartengono di Ganimede, le quali sono dette dove di lui si par-
la, dico che fu detto egli haver posto il figliuolo innanzi alli dei perché essendo avarissi-
mo huom, et havendo cura d'augmentar molto la facultà sua, amava i fromenti, da' quali ne
traheva il denaro non altrimenti che il figliuolo. Onde alhora gli pose inanzi ai dei quan-
do nei coltivati campi gli seminò, percioché i semi gittati nei solchi stanno nel cospetto dei
sopra celesti corpi; di che per operatione de' cieli ritornando in spiche, pigliano la primiera
forma. Ma l'homero divorato da Cerere, cioè il seme consumato dalla terra, è rinovato d'a-
vorio, mentre nella crescente biada v'entra la forza del nodrimento. Il supplitio poi di co-
stui, chiaramente dimostra la vita dell'huom'avaro; percioché Fulgentio dice Tantalo inter-
pretarsi visione volontaria. Il che benissimo si conface a ciascuno avaro, attento che non adunano
l'oro né l'ampia facultà per servirsene, anzi per specchiarsi in quella; et non potendo sopporta-
re far per sé alcuna cosa di quelle adunate ricchezze, tra quelle posto si muore per la fame et sete.
Niobe, figliuola di
Tantalo et moglie d'Amphione.
Niobe fu figliuola di Tantalo et Taigete, sì come ella medesima
appresso dimostra Ovidio, dicendo:
Tantalo fu mio padre, al quale solo
Fu concesso alla mensa delli dei
Sedere, et delle Peleiadi sorella
È la mia madre, né negar si puote.

Ma salva la riverenza d'Ovidio, il padre di costei non fu quel Tantalo amico delli dei, percio-
ché quello fu huom pio, re di Corinto, et di tempo molto prima. Ma Lattantio dice che co-
stei fu figliuola di Tantalo et Penelope. Costei, come piace a Theodontio, fu maritata in
Amphione Re di Thebbe, accioché Amphione prestasse favore alle parti di Penelope, che
guerreggiava contra Enomano re d'Elide et di Pisa; del cui Amphione ella partorì set-
te figliuoli et altrettante figliuole, benché Homero nella Iliade dica che furono solamente
dodici. Costei essendo donna d'altiero spirito, et sacrificando i Thebani per comandamento di
Manto figliuola di Tiresia, a Latona incominciò fortemente con parole riprendergli, et pre-
ferir sé a Latona; per la qual cosa Latona sdegnata si lamentò con i figliuoli. Onde avenne che
giocando nei campi i figliuoli di Niobe, Apollo i maschi et Diana tutte le femine le amaz-
zò; onde furono sepolti appresso il monte Siliphone. Niobe adunque, priva del marito
et de' figliuoli, appresso le loro sepolture piangendo fu cangiata in sasso. Dei figliuoli et
di Amphione ne è stato detto di sopra. Ma circa il suo essersi convertita in sasso, Tullio


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