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Lucretius Carus, Titus - De rerum natura » Boccaccio, Giovanni Geneologia degli Dei - p. 221r

Boccaccio, Giovanni

Geneologia degli Dei. I quindeci libri di M. Giovanni Boccaccio ... tradotti et adornati per Messer Giuseppe Betussi da Bassano


cose dette cavare il sentimento, egli è prima da sapere questo Vulcano essere stato fi-
gliuolo di Giove et di Giunone et haver signoreggiato in Lenno, et di lui Venere
essere stata moglie, la quale da lui fu ritrovata giacere con un huomo d'arme, sì come
è stato detto di sopra dove si ha parlato di Marte. Et questo in quanto all'historia ba-
sti. Quanto poi ad altro senso, egli è prima d'avertire il foco appresso noi essere di due
sorti. Il primo è esso elemento del fuoco che non vedemo, et questo molte volte i poeti
chiamano Giove. Il secondo poi è il foco elementato dal primo causato, et questo è
doppio. Il primo è quello che nell'aere per lo velocissimo circolar motto nelle nubi s'ac-
cende; et questo, mentre uscendo quello si rompe, genera lampi et tuoni, et con grandissimo
empito è cacciato <a> terra. Il secondo poi è questo foco che noi usiamo di legna et al-
tre cose che s'abbrugiano, il quale da noi è cavato da dure pietre et mantenuto. Di que-
sti tre in questa fittione si fa ricordo, percioché il primo è Giove, da cui, et dalle cose ae-
ree et terrene che si debbeno intendere per Giunone, gli altri due nascono. Di questi l'uno et
l'altro è zoppo, attento che si riguardaremo il frangimento della nube vedremo il foco non
drittamente uscirne, ma hora in questa hora in quella parte declinare; et così diremo che
va zoppo. Così ancho medesimamente le fiamme del nostro foco non vedremo mai che
s'inalzino egualmente, ma in guisa d'un zoppo hora più basso hora più alto ascende-
no. Di questi il primo, sì come è stato mostrato, viene gittato di cielo in Terra; né a lui ar-
rideno i padri, perché tantosto che è creato è gittato a terra, onde in tal modo nol giu-
dicano degno della sua mensa. Vogliono poi che fosseno gittato in Lenno, perché spes-
so in quell'isola cadeno folgori. Che la Dea non si degnasse haverlo in letto, più a basso
dove si tratterà d'Erittreo si narrerà la cagione. Quello che è appresso noi fu nodrito
dalle Scimie, percioché la Scimia è un animale il quale ha dalla natura che tutto quel-
lo ch'ella vede all'huomo oprare medesimamente si sforza di fare; et perché gli huo-
mini con l'arte et col suo ingegno si sforzano in molte cose imitar la natura, et d'in-
torno tali attioni il foco è molto necessario, è stato finto le Scimie, cioè gli huomini
haver nodrito Vulcano, cioè il foco. Del quale, accioché si conosca il suo bisogno, nel
libro delle Ethimologie in tal modo Isidoro scrive: Senza il foco nessuna sorte di me-
tallo non si può gittare, né lavorare. Non è quasi cosa alcuna che che col foco non sia
composta. Altrove compone il vetro, altrove l'oro, altrove l'argento, altrove il piombo,
altrove il rame, altrove il ferro, altrove il bronzo, et altrove le medicine; col foco i sas-
si sono ridotti in rame, col foco il ferro si genera et doma, col foco l'oro si fa perfetto,
col foco, abbrugiati i sassi, i muri si congiungono; il foco cocendo i sassi neri gli fa ve-
nir bianchi, i legni bianchi abbrugiando manda in polve et ne fa neri carboni; di legna
dure fa cose frali, di cose putride ne fa di odorose; slega le cose strette, et le sciolte uni-
sce; mollifica le dure, et le dure rende molli.
Questo dice Isidoro. Oltre ciò, vogliono che
costui sia Fabro di Giove et artefice di tutte l'altre cose artificiose, affine che si compren-
da che tutto quello che si fa artificioso è fatto con l'aiuto del foco; il quale come arti-
ficioso è chiamato Vulcano da qualche famoso artefice così nomato. Perché poi le sue
Fucine siano dette essere appresso Lipari et Vulcano isole, chiaramente si vede. Elle


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